Lo stile di Leandra Medine

A volte l’ironia può diventare lasciapassare per la celebrità: è il caso di Leandra Medine, fashion blogger ed icona di stile contemporanea, che deve il successo internazionale ad una geniale intuizione. Il suo blog, Man Repeller, si distingue per la vena ironica con cui l’irriverente Leandra teorizza una verità universalmente nota ma che nessuno prima aveva avuto il coraggio di sintetizzare: ecco spiegato nero su bianco come mai certi capi amatissimi dalle donne risultino invece alquanto sgraditi agli occhi maschili. “La buona moda si basa sul soddisfare le donne, non gli uomini, per cui avviene che i trend che più amiamo sono odiati dagli uomini. E questo è fantastico”, così commentava la giovane blogger, che ha cavalcato l’onda del successo, affermandosi come una trendsetter nota a livello internazionale.

Nata e cresciuta a New York, Leandra è la figlia di Mois e Lyora Medine e vanta ascendenze turche ed iraniane. La giovane ha tre fratelli, Haim, Henry e Mark. Dopo aver frequentato la Ramaz School sull’Upper East Side, Leandra Medine nel maggio 2011 ha conseguito la laurea in giornalismo. Il primo approccio al mondo dei blog risale al 2009, quando Leandra fonda Boogers + Bagels, blog satirico, seguito nel 2010 da Man Repeller. L’idea venne durante una visita da Topshop con l’amica Rachel Strugatz, oggi firma di Women’s Wear Daily. “Ridevamo pensando a come tutto fosse repellente agli occhi di un ragazzo”. Dopo appena tre giorni dal lancio, il blog era già virale. Il pubblico che segue Leandra Medine conta oggi circa 394mila followers solo su Instagram, mentre l’account di Man Repeller è seguito da oltre un milione di persone.

Nel 2012 la blogger è stata inclusa da Forbes nella classifica dei Top 30 under 30, mentre il suo blog è stato inserito dal Time come uno dei 25 blog migliori del 2012 e ha ricevuto il Bloglovin’t Awards nello stesso anno. Nel settembre 2013 il blog si è trasformato in un libro, intitolato Man Repeller: Seeking Love. Finding Overalls, edito da Grand Central Publishing. Tante le collaborazioni nel fashion biz per la giovane Leandra: da Gryphon al brand di calzature Del Toro, da Superga a PJK, fino a Micheal Kors, Stuart Weitzman e Saks Fifth Avenue: considerata guru dello stile contemporaneo, Leandra Medine nel 2012 si è sposata con Abie Cohen.

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Leandra Medine è nata a New York il 20 dicembre 1988


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La it girl è diventata famosa grazie al suo blog, The Man Repeller



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Secondo lei tra i capi più odiati dagli uomini vi sarebbero i pantaloni larghi, i cosiddetti harem pants, o anche i jeans boyfriend, le salopette, le tute intere e gli accessori esagerati. Dries van Noten, Stella McCartney, Ellery, Prabal Gurung, Christopher Kane tra i suoi designer prediletti. I suoi look iconici prediligono uno stile bon ton ma sempre intriso di ironia. Largo a capi funzionali e virtuosismi stilistici, per una moda vissuta principalmente come mezzo di espressione. Amante di capi minimali, Leandra Medine conquista per la sua personalità spumeggiante e per uno stile fortemente personale. Per lei per attirare l’attenzione di un uomo una donna deve sentirsi bene con ciò che indossa. L’influencer si è detta preoccupata per il futuro dei fashion blog: quel che prima appariva come un fenomeno di nicchia, che vedeva i blog come mezzo di espressione, appare oggi ai suoi occhi come svuotato di ogni senso, in un mondo che punta invece sempre più sull’apparenza.

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Leandra Medine è considerata una delle più autorevoli trendsetter contemporanee


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Icona fashion ed influencer, Leandra Medine è seguita da milioni di followers sui principali social media

L’arte povera di Mackintosh 0001

Kiko Kostadinov ha presentato la sua prima collezione di Mackintosh 0001: una linea che coniuga riferimenti sportswear al minimalismo di capispalla dal mood urban. Correva l’anno 1823 quando a Glasgow veniva fondato Mackintosh, brand che dal 2007 fa parte dei gruppo giapponese Yagi Tsusho, che possiede anche Barbour. Parallelamente alla linea principale, il marchio ha presentato all’ultima settimana della moda maschile di Parigi una nuova linea per l’autunno/inverno 2017-2018, affidata al designer Kiko Kostadinov. Origine bulgara, Kostadinov si è formato presso la prestigiosa Central Saint Martins, e ha successivamente fondato il suo brand eponimo. Mackintosh 0001 è il titolo scelto per la nuova collezione del label scozzese, che si snoda in 10 look unisex in total black. Largo a materiali waterproof, declinati su impermeabili e capi che uniscono il mood urban a suggestioni sporty. Una moda formale e tradizionale, che però apre contemporaneamente alla contemporaneità: largo a pregiato knitwear monocromatico, declinato su cappotti e capispalla. Kostadinov si ispira allo stile dell’Arte Povera, un movimento artistico sorto in Italia nella seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso al quale aderirono autori di ambito preminentemente torinese. Tra i materiali predominanti il caucciù, che impreziosisce capispalla e cinture. Inoltre lo stilista reinterpreta alcuni pezzi d’archivio del brand, come il blouson e i pantaloni oversize, il tutto realizzato in materiali pregiati, come lana, nylon e cashmere, in un inedito mix con elementi tecnologici. Il brand scozzese sotto la direzione creativa di Kostadinov assume un’identità nuova, che si esprime in capi dall’appeal fortemente moderno: è una moda apparentemente povera, quella che lo stilista bulgaro presenta alla Paris Fashion Week. Tra materiali grezzi e citazioni artistiche si delinea un nuovo concetto di luxury, che non ha bisogno di orpelli e di fasti ma si nutre delle proprie ispirazioni. Andrea Austoni, global commercial director di Mackintosh, salutava l’avvento dello stilista alla direzione creativa del brand, pochi mesi fa, con queste parole: “Kiko ha la capacità mi mischiare la sua visione moderna con le tradizioni del lusso Mackintosh. Siamo stati indirizzati verso il suo lavoro dal suo taglio innovativo e dalle sue costruzioni intricate e non vediamo l’ora di vedere la nuova direzione che darà al nostro brand”.

Il minimalismo in chiave artistica di Helbers

Presentata durante l’ultima settimana della moda parigina, la collezione AI2017-18 di Helbers si caratterizza per volumi over ed una palette cromatica che ricorda la tela di un artista. Paul Helbers, già head designer della linea uomo di Louis Vuitton, ha ora lanciato la linea che porta il suo nome, caratterizzata da tessuti pregiati e un design minimal-chic. Cappotti dal taglio sartoriale e pregiati filati in cashmere si uniscono a linee sofisticate. Helbers, che vanta un curriculum eccezionale, con esperienze anche in casa Martin Margiela, sforna una collezione dai risvolti luxury, pensata per l’uomo moderno ma decisa a reinterpretare i pezzi classici del guardaroba maschile. Si ispira alla pittura del 19esimo secolo la nuova collezione, che sembra riferirsi in particolare all’autoritratto di un giovane uomo già talmente segnato dalla vita da apparire molto più anziano della sua età anagrafica. Il dipinto, realizzato da Émile Friant, costituisce ispirazione prediletta per Helbers: gli abiti troppo grandi e l’olio su tela divengono suggestioni attorno alle quali il designer costruisce una collezione affascinante e poliedrica. Largo a pregiato knitwear bicromatico, tra capispalla cocoon e capi sartoriali. Le spalle dei cappotti e delle giacche sono morbide e arrotondate, il jersey double-faced domina insieme a cardigan in lana. I capi dalle linee morbide sono quasi un’ode al comfort: funzionalità e comodità divengono i nuovi valori in un’estetica inedita per Helbers. La collezione non si distingue per particolari coup-de-theatre ma segna la nascita di un grande talento artistico che sta muovendo i primi passi da solista nel grande palcoscenico della moda mondiale.

Pop post-apocalittico in passerella da Sankuanz

Per la sua sfilata parigina Shangguan Zhe sceglie di presentare una collezione Autunno/Inverno 2017-18 in continuità con la collezione precedente. Destroy -questo il titolo della collezione- evoca scenari post-apocalittici mixati con accenni punk e note da space-oddity. Sulla passerella di Sankuanz sfila un inedito streetwear post-apocalittico: il tema prediletto da Zhe è la sopravvivenza in un ambiente ostile. Da qui il designer parte in un’ardita sperimentazione che arricchisce lo streetwear di dettagli spaziali, a partire dai materiali usati. Teatrale e altamente scenografica, la collezione gioca con nuance fluo e materiali techno. L’uomo evocato da Shangguan Zhe è proiettato in un futuro immaginario in cui la moda è funzionale. Riferimenti alla filosofia di Wittgenstein dominano: “Qualche volta i problemi non possono essere risolti con le risposte con la scomparsa dei problemi stessi”, questo il mood che domina, in un mondo che ha perduto ogni residuo valore su cui fondare la propria identità. Il brand cinese, da sempre rappresentante di uno streetwear di lusso, si perde in divagazioni filosofiche sulle relazioni tra l’uomo e l’ambiente circostante, in un futuro dai risvolti incerti. Il mondo di domani viene esplorato su basi scientifiche, in relazione alle problematiche e alle domande che agitano la nostra epoca. Sfilano modelli strizzati in una sorta di uniforme militare dal mood spaziale: largo a colori neon, come il giallo lime, il verde metallizzato e il rosa shocking. Non mancano loghi e suggestioni da B-movie, in un tripudio di dettagli techno e suggestioni horror. Zhe, lungi dall’arrendersi alla realtà circostante, sceglie la via dell’idealismo, tracciando un’estetica ribelle dai risvolti pop. Teatrale e quasi grottesca, la collezione abbraccia numerose ispirazioni, dal Giappone dei manga al punk anni Ottanta. Sfilano outfit dalle sovrapposizioni ardite, tra colori fluo e camouflage. L’uomo che calca la passerella è in bilico tra un’estetica che sembra raffigurare un alieno o il personaggio di un fumetto. Potente e vibrante, la collezione manca tuttavia di certa raffinatezza da sempre cifra stilistica della fashion week parigina.

Suggestioni Nineties da Sandro

La collezione AI2017-18 di Sandro è stata presentata nel nuovo quartier generale del brand, sito su Boulevard Haussmann: Ilan Chetrite porta in scena alla Paris Fashion Week uno stile evergreen. Lungi dal restare confinato entro certi schemi prestabiliti, lo stilista trae suggestioni eterogenee che insieme confluiscono in una collezione ricca di spunti ed immagini. Largo a cappotti extra long che si caratterizzano per i volumi over delle spalle: completano il quadro camicie di flanella e pantaloni sotto le caviglie, in un minimalismo chic che coniuga sapientemente citazioni Nineties, in primis note grunge, a dettagli streetwear. Lo stilista ci tiene a sottolineare che lui, appena diciottenne nel 2000, è cresciuto in quell’epoca: “E’ come una melodia che mi piace”, ha commentato a proposito degli anni Novanta, principale filone di ispirazione di una collezione iconica. Un uomo che ama circondarsi di suggestioni ben definite, che lo riportano indietro nel tempo, in un’atmosfera familiare. Largo al più classico e confortevole cappotto a tre quarti in puro cashmere, accanto a pezzi basic sapientemente reinterpretati o ancora al design funzionale che si arricchisce di ispirazioni militari. Pulizia e linee essenziali caratterizzano la collezione, intrisa di elementi che strizzano l’occhio al passato. Un uomo che ama distinguersi ma sempre con stile: l’effortless-chic domina, tra note Parisien e tocchi rétro. L’archetipo di riferimento per lo stile di Chetrite è un parigino che ama la spontaneità e il suo look finto trasandato. Largo a maglioni a collo alto, pullover e tripudio di knitwear, tra spalle oversize e suggestioni luxury. La palette cromatica sdogana il giallo come colore di punta della prossima stagione invernale, come già decretato da Y/Project e Fendi: inoltre i pattern cromatici indugiano in stampe a righe bianche e blu e check rivisitato bianco e nero.

Lo charme parisien di AMI Alexandre Mattiussi

Ha sfilato nell’ambito della settimana della moda uomo parigina la collezione AI2017-18 di AMI Alexandre Mattiussi: in una stagione in cui anche le grandi griffe come Prada inseguono un senso di ritrovata normalità, Alexandre Mattiussi porta sulle passerelle parigine un’ode allo stile effortlessy-chic tipicamente francese. Tripudio di parisian style in una collezione che è stata ispirata direttamente dal guardaroba dello stesso designer e dei suoi amici: sono le loro scelte, i loro capi prediletti a mettere insieme i pezzi iconici che fanno parte della collezione. Lo stile parigino viene eletto a summa dell’eleganza: Mattiussi mette insieme elementi tratti dalla quotidianità che divengono però raffinati e avanguardistici. Una collezione che parte dallo stile parisien per aprirsi al mondo e alla contemporaneità: “Parigi, la giovinezza, l’energia, il dinamismo”- questi sono i temi prediletti dal designer, che ha dichiarato di essersi ispirato “ad una strada parigina di notte”. Un’atmosfera unica, quella che si respira nella Capitale francese, nelle notti all’insegna del multiculturalismo e di suggestioni evergreen. Colori audaci, stampe patchwork e suggestioni streetwear dominano in una collezione che unisce funzionalità e charme. Il look che apre il défilé sovrappone una palette di colori audaci, come il porpora, il giallo, il rosa e il rosso: una camicia rosa sbuca da sotto un maglione color ruggine, indossato sotto una giacca gialla. Largo poi a beige ton sur ton per capispalla e maglie in pregiato cashmere, da indossare sotto guanti in pelle. Il principe di Galles domina insieme agli accessori, come le borse firmate Eastpak. Una collezione energica che indugia in capi sartoriali dall’allure evergreen. Le silhouette sono costruite su tagli ben definiti, mentre il guardaroba sembra attingere a pezzi basic sapientemente rivisitati. Torna la giacca jeans, insieme a blouson in pelle double-faced e capispalla dallo stile intramontabile.

L’antieroe di Icosae

Impavido e teatrale l’uomo Icosae: alla Paris Fashion Week il brand porta un eroe shakespeariano interpretato in chiave contemporanea. Ispirazioni iconiche per una sfilata ricca di charme, che unisce note futuriste a scorci di una realtà angusta e tetra, presa a prestito dalla letteratura. Il giovane brand si rivolge ad un uomo che sembra uscito dalla penna di William Shakespeare: in bilico tra un disperato Amleto e un ribelle Otello, sfila una collezione AI2017 in cui dominano bicromie in rosso e nero. Mood quasi principesco negli stemmi che impreziosiscono abiti sartoriali e capispalla, direttamente ispirati ai due designer Valentin e Florentin Glémarec dagli scandali della famiglia reale inglese. Tripudio di note Eighties negli stivali da combattimento e nelle acconciature dei modelli: l’ispirazione qui guarda agli skinhead e al punk inglese. Suggestivo ed affascinante, l’uomo Icosae ripudia i dettami nobiliari e si sporca in una realtà a tratti dura ed insidiosa. Largo a silhouette strutturate che si alternano a volumi estremi, tra impermeabili slim e note sartoriali domina comunque l’oversize. Inediti slogan stampati sui capi conferiscono al mood generale un sapore fortemente contemporaneo, che strizza l’occhio allo streetwear. Su una maglia ecco sbucare un “Antieroe”, forse la miglior definizione possibile per l’uomo che calca la passerella, in lotta contro il Caos, citazione questa che rimanda al testo di una canzone del gruppo musicale Belle & Sebastian. Ardite asimmetrie che fanno capolino dal tailoring ricalcano le prime due collezioni del brand, anche se qui sembra prevalere un tono più severo e maestoso. La collezione si intitola, non a caso, “Il sangue è più denso dell’acqua”: in passerella un indomito braveheart, che sfida il caos dei tempi attuali. “La fine è il mio inizio”, sembra recitare l’eroe ribelle, proiettato in un futuro ideale, che sdogana l’avvento di un’era nuova. I fratelli Glémarec hanno fondato il brand nel 2014, dopo aver studiato arte alla Ecole du Louvre. Tripudio di note luxury nel prezioso cashmere, nella lana e nel tweed a base di metallo liquido. L’uomo Icosae sfoggia un lato dark che lo rende irresistibile.

Le contaminazioni stilistiche di Junya Watanabe

Inediti virtuosismi stilistici attraversano la passerella di Junya Watanabe: è la moda della strada ad appassionare lo stilista, in bilico tra sportswear, suggestioni hip hop e formalismo. Partendo dalla collaborazione con The North Face, Junya Watanabe esplora universi inusitati in una sfilata che mixa ispirazioni eterogenee: il mondo dell’hip hop e lo sportswear vengono uniti in una collezione dal piglio sperimentale, che sfila a ritmo di rap. Ad ospitare la sfilata AI2017 di Junya Watanabe è una location suggestiva: in una sala si erge maestosa una colonna, una sorta di totem composto da casse musicali, da cui partono le note di Hustlin Junkie. Largo a silhouette ridefinite che tracciano il profilo di un ballerino hip hop: tripudio di streetwear nel berretto, tra snearkers e cargo pants. La proporzioni sono over, a partire dalle giacche: non mancano stampe patchwork sperimentali, come il mix tra tartan e giallo, in cui spiccano note techno. «La collaborazione con The north face si presenta come le fondamenta di questa collezione», ha dichiarato Junya Watanabe, «è un brand che può essere visto come un elemento base dello street fashion. E tutta la sfilata è un’esplorazione della strada». Il designer dà vita ad ardite decostruzioni che evocano uno stile nuovo: l’uomo sfila con il volto nascosto sotto ad un cappuccio, in un mood sporty. Tornano slogan ad impreziosire le giacche, ma non solo: vengono citati altri brand, da Van a Levi’s, in un melting pot che profuma di futuro. Watanabe, iniziatore della tendenza, gioca con le maxi scritte, in un tripudio di contaminazioni: note militari si uniscono al tartan, ispirazioni Nineties si mixano allo streetwear. Gli slogan ammiccano al sincretismo stilistico ma si rivolgono al contempo anche al consumatore, come la varsity jacket che recita “Per i giovani e i giovani nello spirito”. Largo a nuance vitaminiche che vibrano su capi che spaziano tra molteplici ispirazioni: si va dalla giacca workwear a note urban nei patchwork arditi, tra denim e animalier. Una collezione ricca di sprint per una moda in fieri.

La nuova estetica di Off-White

Fin dalla sua prima collezione, presentata ad un ristretto circolo di editor qualche anno fa, Virgil Abloh si è sempre contraddistinto per un’identità ben delineata, che guarda allo streetwear e a suggestioni moderniste. Seeing Things è il nome con cui è stata ribattezzata la collezione AI2017-18 di Off-White: lo stilista sfida se stesso, nel tentativo di dimostrarci la sua capacità di spaziare da citazioni Youth culture ad uno stile più impegnato. “Lo scopo era non restare legati alla giovinezza”, ha spiegato Abloh, “Ma creare qualcosa che può indossare anche una generazione più adulta, partendo dall’idea per cui la giovinezza non ha età”. L’ispirazione da cui parte Off-White si apre a nuove vette fino ad oggi inesplorate. Virgil Abloh è ancora in evoluzione, alla ricerca di un suo posto nell’Olimpo del fashion system, accanto a nomi già noti: tanti sono i rivali con cui il designer si trova ora a competere sulla scena parigina. E se non si ritrova nelle sue collezioni una raffinatezza come quella che può vantare Dries Van Noten, per citare un nome, non passa tuttavia inosservata la capacità di Abloh di creare un ponte tra streetwear, alta moda e cultura pop contemporanea: mirabile osservatore dei tempi che corrono, lo stilista è dotato di uno spirito camaleontico che lo porta a carpire il meglio del mondo circostante e a riproporlo sulla passerella, in un tripudio di ispirazioni eterogenee. Poliedrico e versatile, Abloh si cimenta in una collezione spumeggiante, che ha visto nel front row una presenza massiccia di editor, rapper e personalità tra le più influenti e seguite sui social. Considerato più che un semplice stilista, Abloh è ormai noto come l’ambasciatore ufficiale dello streetwear. Per la collezione AI2017 lo stilista ha affittato parte dei quartier generali dell’Unesco, ricoprendo il set con un suggestivo tappeto di foglie. Largo a menswear e womenswear in un’estetica forte ed affascinante. Tripudio di denim all over, tra cinture che si preannunciano già essere l’accessorio must have della prossima stagione e ricercati pezzi di streetwear che non lesinano in dettagli fur e proporzioni over dal sapore Eighties. Una moda che si apre alla strada, ecco ciò di cui la gente ha bisogno oggi, in tempi in cui è auspicata una democratizzazione dello stile: Virgil Abloh cattura e rielabora questo trend e sforna una collezione ricca di spunti inediti. Largo a denim tagliato al laser ed impreziosito da inedite colombe, piglio surrealista nei maglioni in lana mohair, mentre foglie dorate fanno capolino dai cappotti, create dall’estro dal brand londinese di gioielli Duffy.

Svolta intellettuale per Maison Margiela

Piglio intellettuale e charme esistenzialista caratterizzano la collezione AI2017-18 di Maison Margiela, presentata nell’ambito della settimana della moda uomo parigina. Decostruzioni ardite e sapienti citazioni ad un’estetica inedita: pulizia e minimalismo chic dominano tra pezzi essenziali e ricchi di charme. L’uomo Maison Margiela è un intellettuale parigino dall’allure evergreen: suggestioni grunge emergono in una collezione dinamica ed esistenzialista.

Stretto dentro un paltò, perso nel fumo di una sigaretta, il novello filosofo si interroga sul significato ultimo dell’esistenza. La presentazione della collezione ha visto i modelli seduti in semicerchio, quasi che fossero in un’aula universitaria, tra libri e profondi dibattiti accademici. Ecco entrare in scena un uomo in un impermeabile mentre il successivo outfit vede un tripudio di Principe di Galles. Non mancano giacche di pelle dal sapore Seventies, tra stampe patchwork che profumano di antico: l’uomo Maison Margiela ricorda quasi uno studente impegnato in una manifestazione di protesta.

Culturalmente vivace ed esteticamente impeccabile, la maison si rivolge ora ad un uomo nuovo, non più interessato alla mera apparenza ma genuinamente rivolto ad una esplorazione dei diversi moti dell’esistenza umana. Bisogna fare i conti con un cambio di rotta di portata non indifferente, questo è certo ed evidente, a partire dal format scelto per presentare la collezione: non più la passerella ma una presentazione statica, che si è svolta sulle note di Nico, celebre cantante tedesca.

Tra atmosfere alla Kerouac e suggestioni rétro, i modelli aspettano in due appositi spazi, talvolta conversando tra loro. Uno di loro legge un’edizione di Henri Bergson risalente al 1958 riguardo i temi della volontà individuale e del tempo. Dominano nella palette cromatica capi in gessato, tra vortici di arancio e citazioni classiche come il Principe di Galles. Largo a giacche biker e dettagli techno, tra maglie in lana e audaci pantaloni in pelle rossa. Suggestiva ed iconica, la collezione presenta un uomo deciso ed affascinante, sicuro di sé e delle proprie idee.

Fuochi d’artificio e silhouette anni ’80 nell’alta moda di Zuhair Murad

Il Festival di fuochi d’artificio sull’isola di Miyajima, in Giappone, sono la suggestione perfetta per una sfilata haute couture. Gli spettacolari scoppi di scintille colorate che illuminano il cielo notturno si trasformano facilmente in ricami di cristallo, applicazioni tridimensionali, preziosi punti luce su splendidi abiti da sera. Per Zuhair Murad questa è stata la miccia che ha acceso la collezione d’alta moda primavera estate 2017. Una sfilata pirotecnica in cui non sono mancati i coup de théâtre di cui lo stilista libanese è maestro. Se l’ispirazione viene dal Giappone, infatti, il design della collezione sembra rubato a una puntata di Dynasty: elegantissimi abiti a sirena e minidress mozzafiato hanno larghe spalline e abbondano in ruches e glitter, come comanda la moda anni ’80 dell’iconica serie tv statunitense.


I fiocchi oversize su ampie gonne in raso duchesse, i voluminosi volant, le linee eccessive di spalle e corpetti, i glitter all over non possono che ricordare la moda anni ’80, i cui dettami sono abilmente mescolati alle luminose visioni dei fuochi d’artificio. Scintille di tulle sulle spalle di una tuta, accenti di cristallo su abiti ampi da principessa e colorate stampe sui ball gown accendono la sfilata d’alta moda firmata Zuhair Murad, per finire nello scoppiettante diadema dell’abito da sposa che conclude lo show. Lo sfarzo è protagonista della collezione ma non è eccessivo, sempre equilibrato dall’ironico riferimento alle signore dell’alta società di Dynasty. Zuhair Murad ha dichiarato, come in altre occasioni, di non essersi presentato alle sfilate di Parigi con un’haute couture pensata per il red carpet. Eppure è facile immaginare questi preziosi abiti a sirena, i fascianti minidress e gli abiti da ballo aggiungere un tocco di drammatica eleganza al tappeto rosso degli Oscar. La collezione d’alta moda Zuhair Murad 2017 riporta agli antichi fasti un decennio forse un po’ snobbato dal fashion system, illuminando gli anni ’80 con la preziosa luce dell’haute couture.