NINO LETTIERI AD ALTAROMA – SPRING SUMMER 18 COUTURE

NINO LETTIERI SPRING SUMMER 2018 – COUTURE – FASHION SHOW

È attraverso un documentario sul Giappone e precisamente nella città di Hida che mi innamorai di un volo di farfalle, in questa città dove ancora se ne vedono centinaia e centinaia che volano in un clima ancora incontaminato

Da quelle immagini prende vita la Collezione Haute Couture P/E di Nino Lettieri, programmata nel Calendario di Altaroma Gennaio 2018 e presentata al The Westin Excelsior Roma.

In passerella 40 outfits dai colori che si alternano dal bianco candido al nero assoluto, l’opulenza dell’oro, fino ad arrivare all’azzurro cielo. Giochi di pieghe, rouches e volants la fanno da padrone.

Tessuti stampati, su chiffon, organza e satin, broccati realizzati da antichi telai del 1700 della storica azienda GUSTAVO DE NEGRI, raffigurano voli di piccole e grandi farfalle, in una sensuale e poetica rappresentazione orientale.

I soprabiti con ricami di farfalle di paillettes e cristalli neri su tessuti come broccati, la tripla organza, satin e taffetas; abiti lunghi, kimoni ampi dalle linee essenziali realizzati in broccato di seta lurex con pantaloni lunghi a palazzo.

Per la sera Nino Lettieri propone abiti total black impreziositi da farfalle ricamate con paillettes e jais neri su tessuti come l’organza lo chiffon e la taffettà, mescolando linee essenziali, pieghe e trasparenze impalpabili.

Il gioiello must have per la primavera-estate 2018 è un ciondolo farfalla, in argento e oro, creato per Nino Lettieri da “Gioielli Vitiello Pompei”.

Per le calzature, una zeppa plateau design, nei colori del nero, bianco, oro con i tessuti broccati di seta e lurex, realizzati per la Maison Lettieri dai maestri artigiani Napoletani “ALBANO”.

La sposa di Nino Lettieri è realizzata con tripla organza bianca con grandi farfalle jacquard ricamate con cristalli e paillettes ton su ton dalle grandi maniche come ali di una farfalla di HIDA.

 

La donna forte e romantica di “Marianna Cimini”

Una donna che sa quello che vuole scavalcando i classici canoni estetici, “Oltre il dipinto” è la nuova collezione di Marianna Cimini presentata a Altaroma.


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Marianna Cimini


Una femminilità che ha il sapore di “Romanticismo contemporaneo”, una figura di donna energica ma delicata al tempo stesso.
Marianna Cimini immagina così la donna che ha portato sulle passerelle di Altaroma, una figura ispirata al dipinto di Claude Monet, “La Femme à L’ombrelle”, è bastata una luce riflessa sulla tela per far nascere “Oltre il Dipinto”, una collezione che profuma di arte pura.


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Finalista nella categoria prêt-à-porter di “Who Is On Next?” 2014, Marianna Cimini non ha deluso le aspettative dei presenti, ammirati dalle splendide creazioni indossate da modelle che calcavano la passerella con passo deciso e sicuro di sé.


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“Oltre il dipinto” parla di una donna che nonostante le costrizioni impostale, è consapevole di poterli superare, una trasfigurazione che va oltre i canoni estetici classici, e che attraverso i colori brillanti, i volumi romantici, gli outfit over o scivolati, i maxi cappotti, i macro pixel o i fiori stampati, vuole portare alla luce una nuova figura di donna forte e romantica al tempo stesso.


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Il grigio delle rapide pennellate di Monet, si trasforma in bagliori vivaci attraverso dettagli in pelliccia, o le macro pailettes applicate su abiti boxy e top.
“Suzanne” si è svestita da crinolina e corsetti, per indossare una nuova figura di donna con: gonne pencil, pea coat in doppia crêpe di lana, completi giacca-pantalone dal taglio maschile, abiti coulisse reversibili in nylon waterproof, gonne midi e trench in vernice, senza dimenticare l’eleganza e la fluidità dei lunghi abiti in seta.


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Marianna Cimini ha riscritto un nuovo pezzo della storia della moda ma anche dell’arte, dando nuova vita e speranza a una donna che vuole andare Oltre il Dipinto!


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Altaroma – Le “Vie della Seta” di Filippo Laterza

“Opera Orientale” è la prima collezione di Filippo Laterza presentata a Altaroma.


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Filippo Laterza


La collezione di Filippo Laterza per l’edizione di Altaroma 2018, si veste di tradizione, cultura e stile orientale, senza tralasciare però la minuziosa arte dell’alta artigianalità, osservare le sue splendide creazioni regala un effetto surreale, come a sentirsi trasportati dentro a un quadro.
Letteralmente estasiati!


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Classe 1995, Filippo Laterza, facendo tesoro dell’esperienza acquisita nelle precedenti edizioni di Altaroma, in alcuni progetti di cui ha fatto parte, a sostegno dei giovani designer, sfila per la prima volta con la sua collezione di haute Couture SS18 “Opera Orientale”, un ipotetico viaggio immaginario lungo le “Vie della Seta”.


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“Opera Orientale” rappresenta un passaggio fra Oriente e Occidente, passando per culture e tradizioni, diversi stili e differenti visioni dell’arte, un mix di costumi e culture in cui l’innovazione si sposa con la naturalezza e l’artificio. La collezione di Filippo Laterza nasce da un percorso di esperienze personali che il designer ha vissuto, tra i quali spiccano la pittura del cuore “Liampu” dei protagonisti dell’Opera di Pechino (trasportata su abiti, cappe e gonne), o il viaggio intrapreso nel Regno Unito.


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In particolar modo la visita fatta al Castello di Cardiff e Highgrove Garden, luoghi che hanno influenzato il designer nella scelta dei tessuti, in cui i motivi “Principi di Galles” si fondono con le poetiche “rose inglesi” e i fiori del giardino inglese.


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Non solo tessuti pregiati, ma anche ricami preziosi realizzati unicamente in Italia da mani esperte sulle splendide creazioni di Filippo Laterza: i broccati, il fil coupè, il macramè, la seta, jacquard e lurex double-face. Nasce così un modo diverso di interpretare l’abito: la minuziosa sartorialità e l’eleganza anglosassone si contrastano per creare cromatismi fluidi, tagli, volumi e forme rivisitate, in cui orientalità e modernità, si sposano con la mitologia per divenire un ponte tra passato, presente e futuro.


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Photo credit: web

TOM HOPE LANCIA LA SUA PRIMA COLLEZIONE DI GIOIELLI

TOM HOPE LANCIA LA SUA PRIMA COLLEZIONE DI GIOIELLI

La perfezione di un sottile cerchio avvolge con eleganza il polso e abbina la placcatura d’argento ai preziosi dettagli in smalto.
Un must have della prossima stagione.
Un regalo perfetto per le occasioni più romantiche. Un simbolo per ancorare un legame d’amore.
Le collezioni TOM HOPE diventano preziose e celebrano il mood marinaro con un nuova eleganza, quella di una serata a lume di candela, di una corsa sulla spiaggia alla fine dell’inverno, di un aperitivo allo yacht club. Così, il brand svedese di accessori casual chic, che ha già conquistato milioni di follower nei canali social, presenta la sua prima collezione di gioielli.

Le cime nautiche che da sempre caratterizzano i bracciali TOM HOPE, lasciano spazio al metallo placcato argento 925 e nascono tre bracciali dal design contemporaneo. Un elemento sottile e perfettamente circolare disegna un anello, che diventa un segno distintivo, e definisce la sobria eleganza di questa collezione.


L’iconica ancora TOM HOPE mantiene la sua funzione di chiusura dei bracciali, ma viene proposta in una nuova interpretazione: la raffinata variante smaltata. L’intensità notturna del blu zaffiro, la profondità materica del verde acqua e il tono romantico del rosa di un tramonto d’estate raccontano i tre mood della collezione e rivelano, nelle cromie vitree dello smalto, il logo del brand.


I nuovi gioielli di TOM HOPE sono un simbolo da portare al polso per ancorare un legame d’amore e per questo motivo diventano il regalo ideale per le occasioni importanti, un compleanno, un anniversario, San Valentino. Il design leggero e deciso dei nuovi bracciali si sceglie in ogni situazione, per rendere preziose le emozioni della vita quotidiana.
TOM HOPE è un progetto in continua evoluzione, arrivato in Italia grazie a Watch/Lab, realtà giovane e già affermata nello scoprire i fenomeni più cool del settore orologeria e accessori, che oggi interpreta i desideri femminili, anche lontano dal mare.

Proposti in due misure, i bracciali della nuova collezione TOM HOPE costano 44 euro.

Pomandère Donna Primavera/Estate 2018

La collezione P-E 2018 di Pomandère ci fa viaggiare attraverso terre inesplorate, in luoghi lontani dove recarsi per liberare la mente, rilassarsi, chiudere il mondo fuori e assaporare il piacere estivo della scoperta.

L’allure della collezione segue l’ispirazione dell’arte del circo, in cui libertà e fascino per l’abilità e ironia si fondono in una perfetta armonia stilistica.
Come dall’interno di una variopinta carovana circense, la collezione presenta una perfetta panoramica di quest’arte così densa ma spensierata allo stesso tempo e ci racconta, attraverso stoffe, ricami e stampe, ciò che profondamente il circo vuole suscitare in ognuno di noi.

Leggerezza, divertimento e risate trovano una concreta traduzione stilistica in abiti freschi e colorati, leggiadri e dettagliati, impreziositi da lavorazioni manuali e inserti.
Tessuti pregiati che sprigionano un’eleganza armonica naturale e materiali ricercati si fondono in una varietà di colori che virano dalle tonalità naturali del corda a quelle più estive ed allegre dei colori accesi.



La palette cromatica propone 3 differenti gruppi, coordinati tra loro a creare un unico quadro carico di fascino e vitalità:

– i toni corallo si fondono a contrastanti punte di color glicine e a femminili nuance di rosa, fino a dar vita a due esclusive stampe “Giocoleriere” e “Foglie di banano”, proposte allover su voile di cotone e su raso di seta;

– una macchia tematica, fatta di lavorazioni manuali e tessuti naturali, si sviluppa attraverso la stampa “Zebra”, tipica geometria circense, proposta in colori contrastanti a riempire il creponne di morbida seta;

– un’interpretazione contemporanea avvolge le stampe centrali della collezione, “Giocoleriere” e “Foglie di banano”, portandole dai toni del lime e tonalità calde a colori più freddi, tipici del cielo notturno.



La precisione e la sartorialità dei tagli vengono affiancate da lavorazioni esclusive, come pieghe e pizzicature irregolari, dipinti fatti a mano e ricami stilizzati sulle geometrie dei capi, che rendono i tessuti fluidi e dinamici e testimoniano l’artigianalità e la cura sartoriale.

Ricorrono stoffe dalla fattura più semplice che compongono i tessuti fluidi, come la seta ricamata, la viscosa a fantasia rigata a contrasto o ancora i tessuti cotonieri che si snodano attraverso il sangallo, la sottile righina in canapa e la più rada riga in cotone e canapa.
Chiudono il quadro tessile tessuti più strutturati che danno vita ai capispalla, come lo jacquard a effetto trapuntato, dipinto a mano su disegno esclusivo o armature tinte in filo di cotone misto lino.

I r i c a m i ajour e punto smock impreziosiscono i capi rendendoli unici ed esclusivi. Soffici sciarpe multicolore, borse impagliate manualmente, lunghe collane colorate, cappelli in paglia, cinture e costumi con lavorazioni ad uncinetto si abbinano ai capi completando i look.

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Il viaggio Daks sul lussuoso British Steam Train

DAKS – AUTUNNO | INVERNO 2018-19


Eleganza british e qualche accenno di colore metropolitano, Daks London all’appuntamento moda più importante dell’anno, la Milan Fashion Week, non sbaglia un tiro.

L’uomo e la donna Daks si incontrano durante un viaggio (il brand ha deciso di unificare le sfilate womenswear e menswear a partire dalla stagione Autunno/Inverno 2018/19), a bordo del lussuoso British Steam Train.

A differenza del lungo tragitto sull’Orient Express, non ci sarà nessun assassinio, non ci sarà nessun Poirot sulle tracce di criminali, ma ci saranno molti colpi di scena. Perché la collezione Daks F/W 2018/19 si rivela nuova, moderna, frizzante, ma conservando lo stile raffinato e di gran gusto che la contraddistingue.


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Sono figure ironiche e irriverenti, l’uomo e la donna Daks condividono gli stessi gusti in fatto di estetica e bellezza, entrambe le collezioni sono complementari, si incontrano dal punto di vista materico, cromatico e tessile.

Il lunch sul British Steam Train si fa in gonna per la donna, una gonna a pieghe o a portafoglio, decisamente a vita alta per enfatizzare la figura e i fianchi. Le calze e i collant sono colorati, le borsette a mano, il cinturino delle scarpe alla caviglia, i cappelli sono maxi e si alternano a turbanti che riprendono i tessuti delle giacche e delle camicie.

L’uomo opta per la maglieria in lana merinos e shetland, i dettagli sono frizzanti nei colori del verde, del ruggine, del burgundy, del rosso fino al giallo ocra e sono colori base per le stampe floreali che ricordano le antiche tappezzerie del luxury British Steam.

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Per la sera la coppia Daks si tinge di neri, velluti i pantaloni di lui e le giacche di lei, le rouches e i volant adornano i capi femminili, i fiori fanno capolino sui rovere dei blazer, in tessuto ovviamente, le cinture sono piccole catene in oro vecchio ed entrambi indossano i guanti, che completano il look.

Guarda la collezione Daks London Fall Winter 2018/19:



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Intervista a Massimiliano Pugliese – fotografia cinematografica

Massimiliano Pugliese è nato a Roma nel 1970. Da anni, accanto al suo lavoro presso un ente pubblico, affianca l’attività fotografica sviluppando e realizzando progetti personali attraverso un linguaggio intimo. Grazie al suo stile fortemente autoriale, si è contraddistinto in occasione di vari concorsi fotografici. Nel 2015, il suo lavoro “Getting Lost Is Wonderful” è divenutoto una magnifica pubblicazione di Fugazine, una piccola etichetta indipendente di produzioni fotografiche.

Come nasce la sua passione per la fotografia? 

20 anni fa seguendo un po’ di amici appassionati. Capii subito, però, che tra noi c’erano alcune differenze sostanziali: loro erano più appassionati al mezzo in quanto conoscevano le macchine e gli obbiettivi migliori, io ero interessato solo al risultato. Di fronte ad una rivista di fotografia, loro leggevano i test di qualità, mentre io tendevo a guardarne le foto. Ancora oggi, quando qualcuno mi chiede un parere su una macchina fotografica, non riesco mai ad essere d’aiuto; la tecnologia mi interessa solo nel momento in cui la mia macchina diventa obsoleta e sono costretto a cambiarla.

Molte delle sue immagini sembrano ispirarsi al cinema. Ci sono dei film, in particolare, che hanno ispirato alcuni dei suoi progetti?

Assolutamente sì, il cinema è una grande fonte di ispirazione. Mi affascina il lavoro di registi quali Lynch e Tarkovskij tra i classici, Refn e Park Chan Wook tra i contemporanei. Se dovessi però scegliere un film direi “Lasciami entrare” del regista svedese Tomas Alfredson. Dopo averlo visto ho capito quanto per me fosse necessario lavorare su quelle che sono le mie “ossessioni”. Mi innamorai di alcune sequenze notturne del film, non riuscivo a togliermele dalla testa; allora cercai di capire dove il regista le avesse girate. Era il quartiere Blackeberg di Stoccolma. Sono stato lì varie volte ed anche a febbraio di quest’anno: è stata la mia decima volta. Da tutti questi viaggi ne è uscito solo un lavoro, ormai abbastanza vecchiotto (2011), che ho chiamato “Let the right one in”, come il titolo in inglese del film. E’ un lavoro in bianco e nero analogico, lontano dal mio stile attuale nella forma ma non nelle atmosfere. Nel mio penultimo lavoro “Getting lost is wonderful”, pubblicato come terzo numero di Fugazine, un’etichetta indipendente di produzioni fotografiche, la serie di foto è intervallata da quattro citazioni prese da film che mi hanno ispirato. Insomma sì, in un modo o nell’altro, il cinema è sempre presente.

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Ci sono dei fotografi che hanno influito particolarmente sulla sua formazione?

Sulla mia formazione non so, ma ce ne sono molti di cui sono stato e sono un grande fan. Ovviamente all’inizio i fotografi più classici e famosi, soprattutto quelli della Magnum, poi nel corso degli anni ho trovato quelli più vicini alle mie corde. Ne elenco qualcuno, ma ce ne sarebbero centinaia: Gregory Crewdson, Todd Hido, Bill Henson. Ho adorato i nudi di Mona Kuhn, i ritratti di Laura Pannack, la follia di Roger Ballen, le atmosfere di Katrin Koenning.

Le sue immagini variano dai toni più scuri a quelli più tenui. In entrambi i casi, i colori
sono funzionali all’atmosfera che desidera catturare. Qual è l’elemento a cui presta
maggiore attenzione mentre fotografa?



E’ una domanda difficile. Direi che le mie foto più che variare sono o molto scure o molto chiare, più spesso scure. Per molti, questo è dovuto al mio carattere un po’ tenebroso e crepuscolare. Io vorrei che nelle mie foto ci fosse sempre qualcosa di indefinito, un qualcosa che costringa le persone a soffermarsi un po’ di più mentre le guardano.

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Quanto conta la tecnica nella sua personale fotografia?

Vorrei contasse di più. Mi spiego meglio: ho studiato fotografia all’Istituto Superiore di fotografia di Roma, ma a quel tempo (ormai quasi 15 anni fa) ero più interessato al reportage ed ho forse trascurato cose che allora mi interessavano meno, come l’utilizzo dei flash e del banco ottico. Ora vorrei avere maggiori capacità nella gestione delle luci, perché sono più consapevole di quanto siano importanti in questo lavoro.


Come si approccia, in genere, per l’elaborazione di un progetto?

Come ho già detto i lavori che realizzo nascono dalle mie ossessioni. Quando penso e ripenso ad una cosa, capisco che è il momento di lavorarci sopra. All’inizio lavoravo sui luoghi, ad esempio le spiagge dello sbarco in Normandia, Stoccolma, una spiaggia di surfisti vicino Roma. Nel corso del tempo, sono diventato meno descrittivo e più astratto. Io mi definivo addirittura anti-narrativo, anche se recentemente, parlando con un curatore, mi è stato detto che le mie foto sono tutto fuorché non narrative. Di questa cosa, comunque, me ne curo poco soprattutto perché non sarei capace di fare una fotografia diversa: non sarei sincero con me stesso e con chi guarda.

Swedish Landscape

Crede di aver trovato il suo linguaggio personale o di esserne ancora lontano?

Peccherò un po’ di presunzione, ma credo di sì. Anzi, è una delle mie poche sicurezze. Di questo trovo conferma negli altri, spesso mi viene detto che le mie fotografie sono sempre riconoscibili. E’ il più grande complimento che mi si possa fare.

Come si pone verso l’errore?

Spesso il mio problema sta a monte dell’errore: essendo conscio di alcune carenze tecniche, a volte preferisco non scattare. Questo mi succede soprattutto nei ritratti, dove sento di dover comunque dimostrare qualcosa al soggetto fotografato. Quindi, in linea di massima, preferisco fotografare persone che conosco bene, tant’è che i soggetti delle mie foto sono quasi tutti amici che “schiavizzo” regolarmente.

Let the right one in

Dove si dirige attualmente la sua fotografia?

Spero continui nel solco di quello che ho fatto negli ultimi anni. Ogni tanto penso che dovrei cimentarmi in qualcosa di più facile comprensione, una storia più classica e dai contorni più definiti; ma come ho detto, voglio cercare di fare una fotografia più sincera possibile specialmente perché, ultimamente, di fotografia non sincera, nei testi e nelle motivazioni, ne vedo parecchia.

Cosa vorrebbe, invece, non fotografare?

Senza dubbio i matrimoni. Troppo stress!

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Le immagini di Massimiliano Pugliese, sfruttando la gamma dei toni più scuri fino a quelli più tenui, catturano delicatamente l’atmosfera dei soggetti ritratti. Il silenzio è assordante e gli osservatori lo possono ben percepire a partire da pochi elementi: le onde increspate del mare, i tronchi quasi allineati di un bosco, la vegetazione folta e solitaria in assenza di fauna. I soggetti umani sono spesso e volentieri assenti, e quando compaiono, sono ritratti di sfuggita, vaghi, e avvolti dalla bellezza della natura circostante. Lo sguardo del fotografo non è mai invadente, ma quasi impercettibile, nel pieno rispetto dei pensieri e delle loro storie personali.

http://www.massimilianopugliese.com/

Il cyberspazio di Frankie Morello – collezione FW 2018/19

FASHION SHOW – COLLEZIONE UOMO DONNA AUTUNNO/INVERNO 2018-19 FRANKIE MORELLO


La seduzione passa attraverso canali verbali ma anche non verbali, e la moda sfrutta i secondi, attraverso l’uso dei tessuti, la scelta dei colori, la selezione delle fantasie. Il raso, la seta, ricordano una seconda pelle, la sensazione al tatto è quella di un corpo, non a caso sono tessuti che vengono utilizzati per lingerie o abiti da sera. Traspare dalla collezione Frankie Morello Fall Winter 2018/19 una seduzione sfingea; Nicholas Poggioli, direttore artistico del brand, è senza dubbio un animale notturno.

Il viaggio è astrale, un percorso nello spazio, l’immensità dei blu, la profondità dei neri, sono la scelta must-have della collezione Frankie Morello Autunno Inverno 2018/19. Gli scenari sono mistici, applicazioni gold e swarovski che ricordano le costellazioni, simboli misteriosi come geroglifici egizi, la scrittura è parte integrante del capo, che vorrebbe svelare ma lo fa a bocca chiusa ed occhi scoperti.



Sono le luci della notte che aiutano l’evoluzione dell’uomo Frankie Morello, è solo attraverso il silenzio, la segretezza, la meditazione, la clandestinità, la solitudine, che accresce il livello spirituale, quello che lo porta alla meta di se stesso.

“Spiritualità” il lavoro di Frankie Morello che propone neri illuminati da borchie o impreziositi da ricami oro, neri trasparenti per la donna, che rivelano il corpo, pelle, blu velvet, calze a rete illuminate da applicazioni swarovski, giacche e pantaloni specchiati come protagonisti di un cyberspazio.

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Gli uomini vestono le maglie della battaglia, ricordano le “cotte di maglia” medievali, sul capo spuntoni a riccio o copricapo dallo stile punk; le donne illuminano la’ dove camminano, portano ai piedi scarpe e stivali dai dettagli fluo e ciglia fosforescenti, così come il make up.




La vastità del cyberspazio Frankie Morello, è metafora dell’obiettivo umano: non c’è limite ai sogni, non c’è limite al realizzabile. E’ come se dicesse “Spingiti oltre, ed oltre ancora”. E’ la fotografia biografica di un designer che firma, da quest’anno, la direzione artistica sia uomo che donna del brand. Ad majora.

Guarda qui la collezione Frankie Morello Fall Winter 2018/19:


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Pre-collezione Donna e Collezione Uomo A/I 2018 Overt/Covert

Era bello, furbo, si accompagnava a star e a uomini di grande talento, era un perfezionista, era il gay ambiguo, era ed è tutt’oggi uno dei più grandi fotografi a cui non servono etichette: Robert Mapplethorpe. E’ alle sue immagini che ho pensato, già alla prima uscita della sfilata Moschino Autunno Inverno 2018/19: il leather, il sadomaso, il trash, l’ossessione della sessualità.

Moschino ricopre i modelli di quell’erotismo ambivalente, equivoco, li sostiene con i maxi stivali fibbiati in pelle nera o con gli overknee in PVC. Si butta nella mischia dei locali gay fine anni ’70, con taccuino alla mano e ci disegna una collezione fetish, poi chiede ai modelli di indossarla e sfilare, così come faceva Mapplethorpe con gli incontri notturni, quelli che invitava a casa sua per una sessione fotografica, ancora euforici, ancora sotto effetto di stupefacenti, ancora oscuri, prima che le luci dell’alba rovinassero l’atmosfera e quella sua aria dark e misteriosa.



sfilata Moschino – dx scatto di Robert Mapplethorpe


Quello che Mapplethorpe rappresentava, era la parola trasmutata in immagine, il fotografo arricchiva una letteratura visuale sottoponendo ai raggi X, agli occhi di tutti, cosa succedeva nel mondo omosessuale. Che il soggetto avesse o meno il volto coperto da maschere in lattice, così come propone Moschino per la Fall Winter 2018/19, raccontava sostanzialmente a chi/che cosa appartenesse il loro “io”. E’ il modo di esprimersi attraverso ciò che si sceglie di indossare, è espressione di sé, è “la nostra casa, i nostri mobili, il nostro abbigliamento, i libri che leggiamo, gli amici che scegliamo…tutte queste cose sono profondamente significative!” –  come ricorda Henry James in “Ritratto di signora“.

sx foto R.Mapplethorpe – dx sfilata Moschino


Chi cerca di “categorizzare” questa sfilata o la visione policroma di Moschino, è in fallo, perché sarebbe come ridicolizzare chi trova solo sesso nelle macchie bianche e nere di Rorschach. L’arte va interpretata, la morale cambia, la bellezza evolve e la moda si adegua in continuo ritorno, ciclicamente. Ciò che era Mapplethorpe, oggi è Moschino. Ciò che era creazione, oggi è ricreazione, e allora appunti, vecchie foto, materiali di archivio, documenti, interviste, una serata particulier, diventa collezione attraverso la mise en scène di un grande creativo, qual è Jeremy Scott.




sx scatto di R.Mapplethorpe – dx collezione Moschino FW18/19




Le bretelle, tagliate ed elasticizzate, sorreggono giacche tagliate a metà, camicie uomo e bustier, i parka sono indossati sopra catsuit e bodysuit in PVC, altri modelli sorretti da spille da balia, i tagli dei cappotti maschili rivelano slip in PVC, pezzi che ricordano gli scatti di Robert Mapplethorpe che hanno fatto storia.


La narrazione di Jeremy Scott per la pre-collezione donna è confessione di una visione cattolica: un diavolo tentatore. Possiede corna e sex appeal, come in uno di quei famosi self portrait dei più diabolici tra i fotografi, un satiro, un fauno, un Pan, che nelle sue lettere confessava “la vera gioia del sesso è tirar fuori il lato diabolico del partner“.



self portrait di Robert Mapplethorpe – dx Moschino donna


La donna Moschino veste abiti maschili, indossa lingerie sopra lo smoking gessato, abbina frac cortissimi con code lunghe in stile surrealista.

Citazione importante gli abiti in silk chiffon stampato e plissettato, le cui stampe riproducono le Polaroid erotiche dell’italiano Carlo Mollino.



sx sfilata Moschino FW 18/19 – dx foto di R.Mapplethorpe


Guarda la Pre-collezione Donna e Collezione Uomo A/I 2018 Overt/Covert Moschino



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Chi è chi? La proposta Autunno Inverno 2018/19 di Sulvam è un omaggio alla libertà. I ruoli si invertono, si mescolano per non riconoscersi, uomo e donna non hanno sesso, lei indossa i panni di lui e viceversa; i tessuti, i tagli, le forme, la struttura, tutto si sovverte e conferisce alla collezione un’aria unisex.

Presente per la seconda volta in calendario alla Milano Moda Uomo, il brand Sulvam fondato da Teppei Fujita nel 2014, vanta il supporto di Camera della Moda.
Il designer, dopo essersi diplomato al Bunka Fashion, collabora per lungo tempo con la Maison Yohji Yamamoto e si guadagna in breve tempo il consenso internazionale. Vince il premio “Tokyo Fashion Award” nel 2014 e il premio VOGUEWho is on Next? Dubai” nel 2015, con il suo stile personale e l’impronta trendy e contemporanea.

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Attento ai cambiamenti sociali, il brand Sulvam è voce di un popolo che si sta trasformando, che muta in continuazione e diventerà totally gender-free – questa l’idea visionaria di Teppei Fujita che interpreta la bellezza in forma di libertà.

E’ la donna che indossa i panni dell’uomo, e l’uomo che si adagia in quelli teneri della donna, dalle camicie pink ai maxi-abiti, dalle giacche taglio vivo alle shopper in pelo.

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Guarda la collezione Autunno Inverno 2018/19 di Sulvam:



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Pitti Uomo 93 – Il Best Of della prossima stagione A/I

Firenze, Fortezza da Basso. I diktat e le nuove tendenze dell’abbigliamento Uomo prendono forma da qui. Con 60mila metri quadrati dedicati al menswear e 1.230 marchi, Pitti Immagine Uomo ci proietta, è proprio il caso di dirlo, tra i trend e le novità del prossimo anno.


Il salone di riferimento a livello internazionale per le collezioni moda maschile, infatti, rende omaggio con questa edizione – la numero 93 – al mondo del cinema, trasformando gli spazi della manifestazione in un Film Festival con enormi billboard Hollywoodiani e locandine che annunciano i cult di stagione, le proposte indipendenti e tutto ciò che farà tendenza.
Tra i “blockbuster” non mancano ovviamente i grandi classici, accanto alla riscoperta del gusto di vestire per il piacere di farlo, al di là di qualsiasi dettame o costrizione formale.


“Ogni edizione di Pitti Uomo è sempre un grande film sulla moda che ha per protagonisti marchi, aziende, buyers, giornalisti, influencer e visitatori da tutto il mondo”, ha dichiarato Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine che lancia il tema cinema e la nascita di un vero Movie theatres district in Fortezza, tra manifesti, blockbuster, film cult ed inediti e la rappresentazione sul Piazzale di un Palazzo del Cinema di Pitti Uomo. “Poltrone e sale con 11 film prodotti da Pitti, come se si fosse su un set vero”, continua Poletto che racconta come Antonio Cristaudo, il responsabile dello scouting dei marchi al salone abbia ricevuto 600 proposte di ingresso che si sono alla fine trasformate in 100 partecipazioni in Fortezza, frutto di una ricerca costante e di intelligente sperimentazione. Da un padiglione all’altro delle 14 sezioni del salone vi è stato spazio per thriller e film d’avventura, d’azione e sportivi, con layout e direzione creativa di Sergio Colantuoni. La mostra si è aperta all’insegna dell’ottimismo alla luce dei dati registrati dall’export della moda italiana, in crescita del 3% su tutti i mercati, con in testa Corea (+15%) e Cina (+16%); stabile Giappone e USA, in lieve ripresa l’Europa, specie Germania e Spagna e l’Italia (+1,3%). Guest designer di questa edizione numero 93 di Pitti Uomo due stilisti giapponesi, amici e creativi illuminati di due diverse generazioni, Undercover di Jun Takahashi e Takahiromiyashitat The Soloist, che hanno sfilato alla Stazione Leopolda con due show uno dopo l’altro la sera dell’ 11 gennaio.


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Foto: Marco Paterlini


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