I servizi fotografici da remoto

La quarantena forzata ha aguzzato l’ingegno di numerosi fotografi che in astinenza da servizi hanno usato le videochiamate per creare storie fantastiche.

Da una video-chiamata Facebook, Riccardo Lancia ha scattato delle foto con una macchina fotografica e ha regalato a questo servizio un sapore vintage e nostalgico.

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Foto: Riccardo Lancia
Modella: Claudia Paolucci

Il Kolossal mediterraneo di Dolce&Gabbana

Il Kolossal mediterraneo di Dolce&Gabbana

La collezione autunno-inverno 2020-21 di Dolce&Gabbana sancisce molto più energicamente di quelle precedenti l’assolutizzazione del genius loci, nel segno di un insopprimibile ritorno alle radici, un appello appassionato ai codici che hanno definito l’immaginario della inossidabile coppia creativa dove il nero assume una molteplicità di nuances confermandosi come epitome di un nitore glamour ed espressione di un carattere poliedrico e talora contraddittorio funzionale alla celebrazione dell’identità femminile contemporanea dove, in ossequio alle radici estetiche del marchio, il pop diventa concettuale. Ed ecco quindi che i due stilisti riaffermano la validità di un assioma estetico da loro portato avanti con orgoglio per anni con successo: sicilianità, sartorialità, sensualità ovvero le tre S di Dolce&Gabbana, una trinità davvero vincente. A simboleggiare un marchio che nella sua identità è ‘sintesi di opposti’ secondo una definizione rubata al filosofo rinascimentale Niccolò Cusano Mistero e seduzione, ma anche gioia e carnalità, celebrano i cliché dell’iconografia femminile: fra i due poli dicotomici della santa e della peccatrice le sfumature sono molteplici e sottili, per rilanciare un’idea quanto mai autentica di femminilità che è sempre attuale, da Sofia Loren a Malena, da Bagheria a Hollywood, da Anna Magnani a Isabella Rossellini. Che tutte si riassumono nel portamento deciso e nelle vaporose chiome frisé della bella Chiara Scelsi, scelta insieme a Bianca Balti come incarnazione moderna dell’ideale femminile, sensuale e mediterraneo concepito dai due stilisti, la Gilda dell’era digitale.

Il tributo all’artigianalità, che è il fulcro di questa ultima collezione, è coerente con la nostalgia di un classico che è certificazione di solida qualità e di inequivocabile eccellenza in un mondo incerto e precario come quello in cui viviamo. Incede ipnotica e radiosa in passerella una maliarda dolce e assertiva, morbida ma tosta, solida e sognatrice che emerge in tutta la sua carica vitale nelle silhouettes body coscious dove il punto vita è sempre segnato. L’immanentismo ferino e un po’ wilde di certe mise in pizzo, pelle, cashmere, richiama un erotismo gioioso e vitale in bilico fra Ferdinando Scianna e Helmut Newton, dove il desiderio palpita incarnandosi in vibranti mise in rosso e nero, che tradotto coincide con il dualismo freudiano eros-thanatos, volutamente sopra le righe, molto ‘Sangue e arena’.

Il corsetto fotografato da Jean Loup Sieff (uno dei primi fotografi dopo Scianna a immortalare i modelli della maison per una campagna pubblicitaria fra raffinatezza e provocazione) e il pizzo Chantilly che vela la maliziosa scollatura dell’abito nero indossato da Marina Schiano, musa di Lagerfeld e interprete del glamour maledetto di Yves Saint Laurent nella controversa collezione anni’ 40 del 1971: sono queste le icone irrinunciabili di una collezione che è un memento costante di un immaginario vivido e riconoscibile, una recherche di ciò che ci rende unici, perché l’unica panacea alla endemica pornificazione di Internet e dei social network è l’individualità, purchè non degeneri né in solipsismo né in narcisismo patologico, in una parola monomania. Proprio come Franco Moschino negli anni’80, così Dolce&Gabbana negli anni’90 ha glamourizzato il genius loci tricolore, rivendicando la centralità di una linfa creativa indissolubilmente legata alla propria terra, un’istanza identitaria molto forte che in questo momento diventa sempre più fondamentale e pregnante. La manualità, valorizzata dalle mille certosine lavorazioni di abiti fascianti, corsetti prorompenti, body e completi mannish torridamente sensuali, diventa l’antidoto alla massificazione imperante dettata da un miope globalismo e anche una risposta energica a qualcosa che, in nome dello scellerato mantra ‘consumo dunque sono’ sta annientando il pianeta.

L’artigianalità, sommata alla estrema portabilità dei capi, è anche sinonimo del recupero di un’intimità perduta con le cose, i materiali e noi stessi, il nostro lavoro, la nostra creatività e la nostra professionalità: in breve con la bellezza che nella sua eticità pensosa è la sorgente dell’universo e anche il suo balsamo rigenerante. E questo si traduce nella raffinata maglieria crochet e nelle preziose lane bouclé lavorate ai ferri dalle italiche ‘tricoteuse’ che il marchio nutre ed esalta, come anche nei velluti trattati in varie soluzioni, sempre fra l’aristocrazia racé e il rustico chic di siciliana matrice. Senza dimenticare il grande solista della collezione, il pizzo, proposto in mille e una versione e che è la quintessenza della sensualità Made in Dolce&Gabbana, dagli abiti fino alle sontuose e desiderabili borse, declinate in varie dimensioni, veri e propri bestseller del sell out della maison. Il rigore radicale del nero, ieratico ma conturbante, è mitigato anche da un bianco immacolato che evoca il biancore delle porcellane ottocentesche ne ‘Il Gattopardo’ e che trionfa esuberante nelle bluse da moschettiere con colli e dettagli di pizzo che hanno reso famoso il brand fin dal 1988. E anche se il genius loci qui acquista un risalto preponderante, tuttavia appare quasi inevitabile il rimando all’indimenticabile Jeanne Moreau di ‘La sposa in nero’ di Truffaut come alla sensualissima e procace Brigitte Bardot nell’episodio ‘William Wilson’ diretto da Louis Malle per il film del 1968 ‘Tre passi nel delirio’. Il tutto senza dimenticare la burrosa Stefania Sandrelli di ‘Sedotta e abbandonata’ e di ‘Divorzio all’italiana’, la formidabile e sensualissima Monica Vitti in ‘La ragazza con la pistola’ e in parte, per un certo languido e ammiccante erotismo, le piccanti mise da boudoir borghesizzato di Laura Antonelli in ‘Malizia’ di Salvatore Samperi. In omaggio a una carnalità tutt’altro che algida, grafica ma mai stilizzata. E’ anche per questo che passa il ‘neorealismo’ di Dolce & Gabbana, cartina di tornasole e insieme paradigma dell’estetica dei nostri tempi.

POMANDÈRE A-W 2020/2021 “MOON RISING”

POMANDÈRE A-W 2020/21 _“MOON RISING”

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La collezione A-W 2020-21 di Pomandère ci accompagna a vivere le emozioni dei tre momenti che scandiscono lo scorrere del tempo della giornata, attraverso un viaggio temporale.
Le cromie dei colori e le caratteristiche dei tessuti delineano questi momenti di un’ipotetica giornata all’aria aperta nella natura, con un’autentica e precisa forza narrativa.
Il primo momento è rappresentato dalla rugiada, che corrisponde alla luce del mattino, al risveglio della natura e allo spazio sconfinato e illumitato da mille colori.


Il momento centrale della giornata, il designer Carlo Zanuso lo identifica con l’arcobaleno, che colora l’orizzonte bagnato dalle iridescenti gocce di pioggia, e da cui misticamente si apre la giornata da vivere nella totale libertà. L’ultimo momento è quello in cui sorge la luna e con essa la notte, il momento in cui i riflessi della luna illuminano di luce il buio notturno.
Partendo da questo quadro creativo, la collezione si veste di nuovi colori tra le molteplici tonalità che caratterizzano questi attimi della giornata. La rugiada contraddistinge la collezione con colori tenui e delicati, come avena, vaniglia, rosa antico e acqua, fino a sussurrare un armonioso risveglio con tocchi più accessi e vivaci, ricchi di energie come il color mosto, ciclamino e smeraldo.


L’arcobaleno tinge la parte della collezione con i colori più intensi e vivici, dal rosso acceso dell’ibisco all’arancione della zucca, dal color cielo al salvia e con punte di color coccio, ottanio e ghiaccio.
La luna diventa protagonista con la sua intensità carica di magia e mistero, proponendo i colori notturni nei toni del grigio, nero e antracite, illumintati con tocchi dorati e fili di lurex.
Colori ricercati, studiati, sussurrati e accessi raccontano l’universo di una donna che ricerca se stessa in una dimensione sempre diversa ma carica nel vivere con vigore la giornata che sorge. Una donna innamorata delle proprie emozioni, che non ha paura di ascoltarle e di farsi guidare dal proprio istinto per esprimere liberamente la sua vivace e ricercata femminilità.


I tessuti trovano nuova identità e carattere attraverso un’accurata selezione, ispirata dai tre temi cardini della collezione. La parte dedicata alla rugiada privilegia tessuti luminosi e cangianti, e il lurex diventa il protagonista nel tulle, nel jacquard laminato e nel filato kid mohair. Il pizzo, le garze fluide e calde, il bouclè per il capospalla e le flanelle sono i tessuti che meglio identificano questo gruppo della collezione, caratterizzato da una stampa tematica “Rugiada” che ricorda un delicato campo di fiori su garza di lana seta. L’arcobaleno da vivacità e carattere alla parte della collezione che si esprime con i tessuti caldi e preziosi come il capospalla di mohair, il velluto degradè e la maglieria multicolor in kid mohair. I tessuti giornalieri e quotidiani come il bull denim e il fustagno vengono abbinati a tessuti dalla tramatura ricca e preziosa come il raso lucido martellato, il velluto liscio e il raso in tinto capo.

La stampa tematica che contraddistingue questo gruppo è “arcobaleno” su base di raso di seta e viscosa. La luna accoglie la notte con i tessuti caldi ed avvolgenti come la maglieria in pura lana merinos, il tweed cardato, il quadro madras bicolore in lana e lino, il pied de poule micro, le stuoie di lana e il tessuto doppio galles e vichy. La luminosità e la raffinatezza contraddistingono i jersey dorati, le garze gessate lurex e le flanelle con micro check lurex. Tutto acquista calore e preziosità come la notte da
vivere in una dimensione più intima e privata.
Le morbide sciarpe, i cappelli a tema, le soffici calze, le borse nei tessuti della collezione e la piccola bigiotteria, completano i look proposti per una donna che cela un’anima libera e talvolta irriverente.

JUDY ZHANG FW20_21

JUDY ZHANG FW20_21

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Nella collezione Autunno-Inverno 2020-21 Judy Zhang continua l’antico racconto popolare cinese “Legend of the White Snake”. Una trilogia che si sviluppa su tre collezioni diverse. La prima è raccontata con la SS20 e si focalizza sul così detto “Duan Qiao Xiang Yu”, ossia l’incontro fatidico sul ponte tra il serpente bianco e il suo amante Xu Xian. La seconda prende vita con la FW20_21, dove la creatività della designer è ispirata dal racconto influenzato fortemente dal film “Green Snake” di Tsui Hark del 1992. La terza e ultima opera la scopriremo con la misteriosa collezione SS21.

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La protagonista indiscussa che dá carattere all’intera collezione è la scena più iconica della leggenda, Shuî Màn Jīn Shān (il diluvio del tempio di Jinshan) dove il serpente bianco combatte per proteggere il suo amore. L’intera scena si concentra su un’immagine sfocata di acqua, montagne, cielo e l’odore del fumo della battaglia. La sorella del serpente bianco, Green Snake (Qing She) combatte insieme a lei all’interno di questa pendenza sfocata di colori. Il loro coraggio simboleggia in questa stagione il nuovo tema: “combattere per amore”.

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La scena che fornisce l’ispirazione visiva alla collezione è proprio quella della battaglia “Fighting for Love” e la grafica si modernizza con la rappresentazione di uno smartphone americano, dove sul display compare un messaggio in italiano con la parola “Aiuto”. I tre mondi rappresentati in questa scena – la Cina con il leggendario racconto, l’America con il tipico mobile e l’Italia con la parole usata per il messaggio – incarnano appieno il connubio della cultura occidentale e orientale che la designer Judy mixa sapientemente nelle sue collezioni.

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La tavolozza dei colori scelta per questa stagione è il bianco, del White Snake e naturalmente il verde, oltre al nero e al rosso della scena della battaglia. L’oro è riservato ai ricami del serpente e ai tessiti scintillanti che ricordano la sua pelle.

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I tessuti lussuosi, arricchiti con attenti dettagli sartoriali, caratterizzano la selettiva scelta della designer che propone i capi in seta, lana, pizzo francese e tessuto giapponese speciale. Il serpente continua ad essere il personaggio principale e indiscusso, attraverso il famoso ricamo di Suzhou. Con le perline, invece, sono realizzati i ricami che richiamano le armature usate nei campi di battaglia. I tessuti che ricordano la pelle del serpente caratterizzano gli inconfondibili suit “patched worked”. L’importante struttura delle spalle delle giacche e delle camicie sono realizzate con una particolare tecnica e rievocano la forma del serpente in movimento.

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Infine, le frange sapientemente usate per arricchire i sorprendenti e inconfondibili look della collezione, ricordano quelle usate dai cowboy americani e simboleggiano il coraggio e l’indipendenza delle donne alle quali Judy dedica le sue creazioni.
I completi attillati e la minigonna con le frange (coraggio) e le perline (delle armature), raccontano il carattere della donna di Judy Zhang che si contraddistingue per il coraggio, l’indipendenza e la ricercata sensualità, sempre pronta a lottare per l’amore in cui crede anche contro ogni convenzione.

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La giostra della moda secondo Gucci

La giostra della moda secondo Gucci

Il gusto per la performance teatrale e per la messinscena abilmente orchestrata per ‘épater les bourgeois’ è, da Cecil Beaton in poi, il fattore trainante del successo ecumenico di alcuni marchi della moda, artefici della nuova architettura lessicale del contemporaneo. Si pensi alla sofisticata operazione culturale e anche lato sensu ‘politica’ realizzata da Alessandro Michele per Gucci: il ragazzo romano dalle chiome fluenti corvine che sembra uscito da ‘Hair’ e che sussurra e parla ai cervelli ma ‘urla’ messaggi di libertà perentoria con i suoi abiti dalla passerella, ci sa fare. E lo conferma con una trovata davvero speciale che elide i confini fra pubblico e privato, fra passerella e backstage. Se sfilata deve essere, che sia spettacolare, mastodontica, spiazzante. L’archeologo della moda, come lui stesso ama definirsi per via del suo citazionismo spinto e talora esasperato, (ma mai gratuito), guida gli spettatori attraverso un ‘Truman show’ in chiave fashion, in una rappresentazione epicamente felliniana di un pastiche estetico che solo lui riesce ormai ad assemblare così bene, come nemmeno un deejay pop saprebbe fare. Per Michele nulla è ciò che appare. Quello che conta, qui (e questo è palese) non sono tanto gli abiti (e gli accessori che pure sono studiatissimi e si vendono come panini nelle boutique ai quattro angoli del pianeta) quanto la narrazione che si trova dietro di loro: il profeta dell’inclusione racconta un’estetica che è fuori dal tempo e che entra a gamba tesa nel dibattito culturale e ideologico.

La moda esprime e spesso anticipa lo zeitgeist, e così è per Michele: come negli anni’90 che segnarono l’affermazione di Peter Lindbergh che fotografava le top senza veli nei backstage dei servizi fotografici, anche qui Michele ricostruisce quel ‘bordello senza mura’ di cui parla McLuhann con toni però non duri o aggressivi ma assolutamente elegiaci, nel segno di un realismo favolistico che per una volta non si esaurisce in un ossimoro. In sostanza gli invitati alla sfilata venivano guidato al loro seat attraverso un percorso che rivelava loro il dietro le quinte dello show, e quindi l’essenza dell’affabulazione fashion, in una logica paragonabile alla paradossale esperienza del ‘metateatro’ che da Plauto in poi è parte integrante della storia della drammaturgia. Così lo stilista, il creativo, dialoga direttamente con il suo pubblico senza però sottrarre un grammo di verve a uno show che resta come sempre faraonico, graffiante e assolutamente imprevedibile.

Quello di Michele è un manierismo in salsa pop che colpisce anche chi non è avvezzo ai paradossi della moda. E che risponde all’esigenza insopprimibile di senso che sempre di più soprattutto i giovani chiedono alla moda, alimentando l’immaginario degli artisti e dei loro proseliti. Per maggiormente disorientare i suoi invitati lo stilista li ha convocati al défilé con un messaggio whatsapp, una trovata bizzarra e molto singolare, coerente però con la originale ed estrosa comunicazione del marchio. Sulle note del Bolero di Ravel che già di per sé ha qualcosa di ieratico, Alessandro Michele squarcia il velo di Maya svelando i segreti e la mistica del rituale profano della moda che diventa parte integrante della mitologia contemporanea nell’era postdigitale. Dalla pedana circolare a forma di carillon scendono una alla volta officiando appunto il rituale dello spettacolo della moda, le modelle che esibiscono toilette complicate ma in realtà semplicissime dove il collage degli stili stavolta propende per un viaggio attraverso le età della donna dall’infanzia fino alla maturità, dal settecento ai giorni nostri.

Alla crinolina subentra il robemanteau da collegiale, al cappottino da scolaretta cede il passo la blusa virginale di pizzo da portare sui jeans lacerati, alla scenografica crinolina da signora delle camelie si sostituisce gradualmente l’abitino con il corpetto imbrigliato da harness sadomaso, la maxi gonna kilt e così via. Pezzi facili e di gusto vintage anni’70, che paiono usciti dai bauli di un costumista cinematografico. Grandi protagonisti della collezione, oltre gli accessori come it-bags soprattutto piccole e medie, scarpe mary jane e mocassini, cappelli morbidi come colbacchi e sciarpone tricottate, il velluto, liscio o a coste, l’eco-fur, i print botanici in stile Laura Ashley, il camoscio e soprattutto tinte smaglianti per allietare l’inverno: giallo sole, verde bosco e smeraldo, rosso carminio. Tutti a bordo della giostra della moda allora e che il rituale si compia.

ISABELLE BLANCHE – PARIS

Isabelle Blanche Paris, brand ready-to-wear con le caratteristiche del luxury fashion pensato per la donna femminile e indipendente, lancia il suo e-store.

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Isabelle Blanche, marchio con sede in Italia che annovera tra le sostenitrici un numero sempre più cospicuo di influencer e it-girl, debutterà online con il suo e-commerce nella prima settimana di maggio 2020.

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Le collezioni sono progettate per una donna dinamica, indipendente, che non per questo rinuncia ai virtuosismi di stile e a una certa femminilità. Sempre con soluzioni sartoriali connotate da un certo romance.

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L’azienda a conduzione familiare, produttrice di abbigliamento di seconda generazione, crea il marchio nel 2016. La fondatrice, che ha vissuto a Parigi per anni, ha saputo unire il savoir-faire di famiglia alla sua curiosità da viaggiatrice cosmopolita.

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Il team di designer e creativi di Isabelle Blanche ha ben declinato questa folgorazione per il gusto trés trés chic parisien della fondatrice nella linea ready-to-wear, migliore espressione dello stile avant-garde, realizzando abiti trendy, funzionali, destinati a durare nel tempo.

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Le creazioni fresche e innovative convincono i retailer: il marchio oltre alla prossima presenza online vanta già una distribuzione tra Italia, Spagna,Portogallo,Olanda,Grecia, Russia, Corea del sud e Giappone.

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“Aprire a nuovi mercati internazionali, ovvero installare una vetrina per le Isabelle Blanche Girls direttamente affacciata sul mondo, mi è sembrato il passo giusto da compiere adesso – commenta la designer circa il lancio dell’e-store. Uno strumento per fornire una visione completa del nostro mondo e delle nostre collezioni.”

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L’importanza della beauty routine serale

IL SONNO TI FA BELLA
L’importanza della beauty routine serale

Il segreto di bellezza delle donne giapponesi risiede nella grande attenzione rivolta ad ogni step della beauty routine, specialmente quella serale: durante la notte infatti il rinnovamento cellulare è più rapido e riscontriamo il picco più alto di produzione di collagene, che rende la pelle più sana e compatta.
Spesso, a causa della stanchezza dettata dal via vai frenetico di ogni giorno, trascuriamo la beauty routine serale. In questo periodo però, in cui abbiamo tempo in abbondanza per prenderci cura di
noi stessi, non abbiamo più scuse: Promedial propone prodotti essenziali ed efficaci, rispettosi della pelle, anche quella più sensibile, alleati inseparabili di ogni “serata in bellezza”.

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La beauty routine serale step by step

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  1. DETERSIONE: il Latte detergente Promedial, con la sua texture cremosa, deterge delicatamente il viso senza seccare la pelle, ma agisce sul tessuto ripristinandone la naturale morbidezza;
  2. IDRATAZIONE INTENSIVA: la Maschera Velo idratazione intensiva Promedial, con il suo speciale tessuto in cotone naturale e l’elevato contenuto di acido ialuronico, rende la pelle morbida ed idratata in soli 3 minuti;

  1. IDRATAZIONE PER TUTTA LA NOTTE: concludi infine con la Crema Idratante Promedial, la cui texture avvolgente mantiene la pelle morbida a lungo, grazie all’azione emolliente ed idratante del burro di karitè.

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I prodotti:

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Promedial
LATTE DETERGENTE – 100 ml – € 19.90
Il Latte Detergente Promedial ha una texture ricca e cremosa che
rimuove con delicatezza il make- up senza irritare le zone sensibili come
le palpebre ed il contorno occhi.
La sua formula ricca di agenti idratanti, nutrienti e lenitivi non secca la
pelle, ma agisce sul tessuto ripristinando la sua naturale morbidezza
Beauty tips: applicare utilizzando i polpastrelli oppure con l’aiuto di un
dischetto di cotone, effettuando dei piccoli movimenti circolari su tutto il
viso. Non richiede risciacquo.
Il Latte Detergente Promedial viene utilizzato nei centri di medicina
estetica per preparare la pelle ai trattamenti clinici.

Promedial
MASCHERA VELO IDRATAZIONE INTENSIVA
4 bustine – Prezzo €24.90
Grazie alla texture ricca e cremosa, non secca la pelle e ne ripristina la naturale morbidezza

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La Maschera Velo Promedial in soli 3 minuti fornisce alla pelle il
nutrimento di cui ha bisogno: la maschera ha un effetto
immediatamente visibile grazie al suo elevato contenuto di acido
ialuronico, alleato perfetto contro la disidratazione e i rossori
temporanei, per un effetto idratante e lenitivo immediato.
La confezione contiene 4 bustine monouso realizzate nello speciale
tessuto di cotone naturale che, aderendo perfettamente alla pelle,
permette una profonda penetrazione del siero rendendo la pelle
morbida ed idratata.
Beauty tips: applicare la maschera sul viso dopo la detersione;
tenerla in posa per 3 minuti e poi rimuoverla, stendendo la lozione
rimanente su viso e collo.
Ideale per lenire i rossori della pelle.

Promedial
CREMA IDRATANTE – 50 ml – Prezzo € 34.90
La Crema Idratante Promedial rinforza e rinnova il mantello
idrolipidico e svolge un’azione lenitiva e desensibilizzante grazie
alle proprietà dell’allantoina. La sua texture avvolgente mantiene la
pelle morbida a lungo: grazie all’azione del burro di karitè, la Crema
Idratante Promedial vanta un’importante azione emolliente,
idratante e anti-secchezza cutanea che la rende particolarmente
indicata in caso di dermatiti, eritemi solari, ustioni e screpolature.
Grazie al suo assorbimento rapido, è un ottimo prodotto anche come
base per il trucco.
Beauty tips: applicare mattino e sera dopo la lozione pre-idratante.
Grazie alla sua composizione e alla sua texture più corposa, è
preferibile per le pelli più mature o maggiormente danneggiate

PRIMO SOLE: I PRODOTTI PER UN’ABBRONZATURA PERFETTA

PRIMO SOLE: MUST TO DO PER AVERE UN’ABBRONZATURA PERFETTA


Il must prima di un bagno di sole? LO SCRUB!
I laboratori di Deborah Group propongono due formule di Dermolab per rinnovare e rigenerare profondamente la pelle per garantire un’abbronzatura omogenea e duratura.
Inoltre, Dermolab potenzia le formulazioni della gamma solari per offrire alla pelle una protezione totale.

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SCRUB DELICATO ESFOLIANTE VISO

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Scrub esfoliante delicato, rimuove le impurità, stimola il ricambio cellulare e riattiva la microcircolazione.
Contiene un pool di acidi ialuronici multilivello che idrata intensamente, garantendo un perfetto equilibrio tra pulizia e rispetto per la propria pelle. La sua texture con microgranuli dona una pelle purificata e luminosa.

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Prezzo: € 9,05 – 150ml


ESFOLIANTE CORPO

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Scrub dalla texture morbida e senza alcool, offre un’azione esfoliante, per rimuovere le impurità e stimolare il rinnovamento cellulare.
Grazie al suo pool di acidi ialuronici ad alto e medio peso molecolare per un’ idratazione multilivello, aiuta a mantenere la pelle levigata, elastica e tonica. Le sfere di perlite esfoliano delicatamente favorendo la microcircolazione e il ricambio cellulare mentre un complesso vitaminico estratto dalla frutta garantisce un’azione purificante ed esfoliante, per una pelle idratata, levigata e luminosa.
Prezzo: € 10 – 200ml

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CREMA SOLARE ANTI MACCHIA PROTEZIONE MOLTO ALTA SPF 50+

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Crema solare viso e collo dalla texture confortevole e non grassa. Arricchita con vitamina e ed un pool di acidi ialuronici a diversi pesi molecolari per un’idratazione multilivello ed un’azione antirughe.
Aiuta a mantenere la pelle levigata, elastica e tonica.
Il complesso di filtri protegge dai raggi uv e ir, previene gli arrossamenti e il prematuro invecchiamento cutaneo.
Prezzo: € 15,50 – 50ml

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CREMA SOLARE ANTIRUGHE VISO E COLLO PROTEZIONE ALTA SPF 30

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Crema solare viso e collo dalla texture confortevole e non grassa. Arricchita con vitamina e ed un pool di acidi ialuronici a diversi pesi molecolari per un’idratazione multilivello ed un’azione antirughe.
Aiuta a mantenere la pelle levigata, elastica e tonica.
Il complesso di filtri protegge dai raggi uv e ir, previene gli arrossamenti e il prematuro invecchiamento cutaneo. Adatto alle pelli chiare e delicate.
Resistente all’acqua.
Prezzo: € 13,90 – 50ml

Le 3 donne serial killer più spietate

DONNE SERIAL KILLER 

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Joanna Dennehy 

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2013, una foto come tante dove una ragazzetta fa finta di leccare un simil pugnale di Final Fantasy, la lingua di fuori che mostra il piercing, un tatuaggio sulla faccia, insomma una bulla che vuol provocare.
Lei è Joanna Dennehy, un’infanzia tranquilla, un padre guardia giurata, madre commessa, una piccola città nell’Hertfordshire.

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A 13 anni gli ormoni fanno il loro corso e avviene la trasformazione: Joanna scappa con un ragazzo di 19, partorisce due figli ma inizia a bere e picchiare Treanor, il compagno, dentro e fuori dal letto. Più tardi un amante svelerà del suo desiderio di travestirsi ed essere stuprata.

Dopo esser stato minacciato con un coltello, Treanor la lascia e porta i figli con sé; durante una condanna per aggressione Joanna viene visitata da uno specialista che le diagnostica un disturbo antisociale di personalità.

Il primo omicidio avviene il 19 marzo del 2013, un magazziniere polacco, lo pugnala al cuore con un coltellino; il suo cadavere, posto in un cassonetto dell’immondizia, verrà mostrato come trofeo ad un’amica. Dieci giorno il secondo omicidio verso il padrone di casa, che aveva iniziato a frequentare e non contenta, lo stesso giorno, decide di reiterare quell’emozione cercando una terza vittima, un ex membro della Marina militare: sei coltellate e una chiamata ad un amico in cui canticchiava la canzone di Britney Spears : “Oops, I did it again”.

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Oggi Joanna Dennehy sta scontando l’ergastolo nel Regno Unito, anche se continua a dichiararsi innocente. Chi l’ha conosciuta la descrive come un’ammaliatrice, una donna camaleontica che sapeva cambiare personalità a seconda di chi le stava di fronte; flirtava con tutti e in modo schietto e diretto. 

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Secondo la psicologa clinica Elie Godsi è impossibile che una donna così violenta anche sul piano sessuale, non abbia mai subìto abusi; se non in famiglia, sarà stata vittima di qualcuno che non ricorda, ma è quasi certo che i gravi disturbi abbiano un passato collegato all’infanzia. 

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 “Ho ucciso per vedere cosa avrei provato, per vedere se ero davvero fredda come pensavo. Poi ci ho preso gusto.” 

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Rosemary West 

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Nasce il 29 novembre 1953, padre affetto da schizofrenia con tendenze paranoiche, abusa sessualmente di lei; madre vittima di un marito dispotico e violento, viene colpita da una profonda depressione patologica che la obbliga a subire trattamenti di elettroshock terapeutico durante la fase di gravidanza in cui attende Rosemary. 
I fratelli di Rosemary sono le vittime sacrificali della rabbia e delle punizioni del padre; la piccola della famiglia riesce invece a sfuggire con la docilità, la remissività del carattere e la componente incestuosa; talvolta si infila nel letto dei fratelli e si masturba su di loro.
Più tardi la moglie lascia con coraggio il mostro e porta con sé i figli tranne la piccola Rosemary, costretta a condividere ancora il letto con il padre geloso e ossessivo che le proibisce di frequentare ragazzi della sua età, veto che le farà sviluppare interesse verso gli uomini più grandi di lei. 

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L’incontro con Fred West darà le ali al diavolo che cova dentro, scappa di casa all’età di 15 anni e condivide perversioni e due figli con il giovane 28enne; figlie del precedente matrimonio di lui, di cui una, Charmaine, uccisa per mano di Rosemary. Primo omicidio che sara’ una vera dichiarazione d’amore tra i due assassini, legati l’un l’altra dalla follia sadica, dalle fantasie di stupro, violenza, prostituzione

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I due sono soliti attirare adolescenti nella propria casa con la scusante di cercar baby sitter, che vengono drogate, fatte ubriacare, quindi stuprate, torturate e sepolte in giardino o sotto il garage di casa. 
Anna Marie, la piccola di 8 anni figlia del precedente matrimonio, viene usata come bambola per i loro giochi perversi, fino a quando scappa di casa; la seconda, la 16enne Heather prenderà il suo posto e sarà la gravidanza a incastrarli, quando confesserà a un suo compagno di classe di essere violentata dal padre. La ragazza verrà uccisa per metterla a tacere ma dopo sette anni d ricerche verranno rinvenuti tutti i corpi e gli scheletri sotto la casa degli orrori. Rosemary si dichiarerà sempre innocente. 

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Aileen Wuornos 

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Nata il 29 febbraio del 1956 a Rochester da padre schizofrenico e molestatore di bambini e una madre che abbandona i figli nelle mani di nonni aggressivi e alcolizzati. Alla morte della nonna, il nonno la sbatte fuori casa e Aileen è costretta a prostituirsi. Rapina negozi, falsifica assegni, minaccia clienti con una pistola calibro 22 e cambia nome infinite volte.
Nell’86 conosce una cameriera, Tyria Moore, in un locale gay; tra le due inizia una storia d’amore e confidenze. Tyria sarà il prete confessore dell’assassina che le sciorinerà ogni vittima: clienti uccisi a colpi di pistola durante l’amplesso, derubati e lasciati in auto in qualche campo sperduto. Le pallottole ritrovate nelle vittime apparterranno ad una calibro 22, un’indagine della polizia che richiede una task force, elabora presto il profilo di una prostituta; la Wuornos viene incastrata dalle impronte che lascia su una videocamera appartenuta ad una delle sue vittime che deposita al banco pegni. Verrà arrestata per porto d’armi abusivo ma incastrata durante delle telefonate in cui rivelerà a Tyria alcuni particolari degli omicidi, consapevole di essere sotto sorveglianza e disposta poi a confessare. 

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La difesa porta in tribunale il comportamento violento e ubriaco dei clienti che la costringevano a rapporti anali, mentre lei per divincolarsi e difendersi reagiva costretta con un colpo di pistola.

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Sono 7 gli uomini uccisi dalla Wuornos, che viene condannata a morire sulla sedia elettrica.
Davanti alla giuria si dichiarerà innocente e, sentita la condanna, andrà in escandescenza augurando a ciascuno di loro una vita uguale alla sua, cosparsa di abusi sessuali e violenze.
Durante le numerose interviste rilasciate, tenderà a sottolineare il suo odio per la vita e il continuo desiderio di fare del male. 

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Possiamo riconoscere un serial killer?

Qui il profilo di 3 tra i più noti serial killer della storia, un percorso di paura e infinite domande

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Quasi tutte le religioni affermano che dentro ogni essere umano alberga un lato maligno ed uno benevolo, pensiamo alla caduta degli angeli nel Cristianesimo, i buoni rimango in Cielo e gli assetati di potere cadono sulla Terra, coloro i quali avrebbero voluto usurpare il trono del Signore. 
La psicanalisi è d’accordo ed esplica il concetto attraverso l’esempio di un romanzo popolare che è diventato un modo di dire: “Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde”; la letteratura esprime il suo parere con un romanzo piuttosto significativo: “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello, il teatro che è la vita e gli infiniti ruoli che interpretiamo. Un altro che tocca il tema dell’omosessualità prima e dopo la consapevolezza acquisita è “Confessioni di una maschera” di Yukio Mishima, lo scrittore che lotta per la scoperta della sua vera natura, tra menzogne, risvegli, torture interiori. Mishima morirà suicida.

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Il tema della maschera, della finzione, nasce con la nascita dell’uomo; quanti di noi portano dentro di sé delle ombre che nascondono socialmente, quanti vestono panni che non sono i loro per farsi accettare, quanti fingono felicità per paura della solitudine, quanti reprimo i propri impulsi? Ma l’istinto molto spesso prevale sulla ragione, perchè in fondo siamo bestie, chi più, chi meno intelligente di altri, ma guidati anche da impulsi, che gareggiano tra ragione e follia, apatia e socievolezza, violenza e gentilezza, ombra e luce. Quando la lancetta della bilancia si rompe, ecco nascere un killer, o un santo. Oggi parliamo dei killer, i santi non vogliamo disturbarli. 

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Il serial killer Ted Bundy



TED BUNDY

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Tra i più noti ricordiamo sicuramente Ted Bundy, il serial killer statunitense dotato del fascino del playboy e di una intelligenza superiore alla media, che gli permise di rimandare per tre volte la pena capitale difendendosi da sé durante il processo, ma che gli fece sfuggire un dettaglio importante che lo avrebbe incastrato per sempre: i morsi lasciati sul corpo di una delle 30 vittime assassinate. .


Non siamo qui a stilare il profilo psicologico di Ted Bundy né di altri assassini, esperti del settore ci hanno già pensato ovviamente, ma è interessante capire cosa spinge un uomo apparentemente innocuo all’omicidio, quali sono le cause di “trasformazione” di un individuo, quali i traumi ad esempio, come poterli individuare e come concepiscono il bene ed il male. 

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Ted Bundy sorride alle donne prescelte, come un gentiluomo al bancone di un bar mentre le offre da bere, recita la parte del poliziotto o dell’uomo ingessato che ha bisogno di aiuto per caricare pesi sulla sua auto; il fascino lo aiuta, è magnetico, nessuna gli resiste; una volta portate in luoghi appartati, picchia le vittime, le uccide quasi sempre strangolandole, e talvolta stupra il cadavere anche dopo diversi giorni fino alla decomposizione del corpo. 

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Ma cosa spinge un uomo di bell’aspetto, diventato promessa del Partito Repubblicano e studente di psicologia e legge a pieni voti, a nascondersi nel buio della notte per uccidere delle giovani studentesse bionde? 
Per non dilungarci troppo nei fatti, Ted Bundy scopre tardi di essere figlio di padre anonimo e che la ragazza lui credeva fosse sua sorella, in realtà è sua madre. Questa menzogna tenutogli nascosta lo segnerà per sempre; i nonni che lo crescono come genitori sono, lui un tiranno violento razzista antisemita e anticattolico e lei una depressa sottoposta al vecchio metodo dell’elettroshock. Non un ambiente tranquillo se si aggiunge che la fidanzata di allora, nel periodo in cui Ted scopre la verità, lo abbandona. Saranno i suoi capelli scuri con la riga centrale, la corporatura esile e sottile e la sua giovane età, che Ted Bundy cercherà fino a quando potrà uccidere, una specie di “vendetta simbolica”.
Non una giustificazione alla crudeltà la situazione familiare, ma quasi certamente se quel nonno fosse stato amorevole, se entrambi i nonni avessero parlato con maturità e intelligenza a quel bambino così sensibile, forse, e diciamo forse, tutta quella rabbia repressa non si sarebbe trasformata in violenza priva di scrupoli ed empatia. Ma queste sono solo ipotesi, la mente umana è un universo ancora inesplorato

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Su Youtube esistono numerosi filmati che documentano le mirabolanti arrampicate di Bundy in nome della sua difesa durante i processi, scene in cui vittime scampate alla sua furia sono ancora prigioniere del suo sguardo come delle giovani donzelle innamorate. Teatrale com’era, Bundy chiese la mano alla sua fidanzata chiamata a testimoniare, durante un processo; dalla stessa donna ebbe un figlio, ma tutte queste messe in scena non ebbero alcun appiglio alla decisione del giudice, che lo condanno’ alla sedia elettrica, nello stato della Florida. Un passo falso fu quello di reiterare le domande che lui stesso fece ai poliziotti presenti sul luogo del delitto, in cui chiedeva dettagli espliciti sulla posizione del cadavere e sulle ferite presenti, risposte che gli prolungavano lo stato di eccitamento provato al momento dell’omicidio. 

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E’ tragico per questa corte assistere a un tale spreco, penso alla capacità che lei ha mostrato in quest’aula, lei è un giovane brillante, avrebbe potuto essere un avvocato e sarei stato felice di vederla esercitare di fronte a me, ma ha sbagliato strada amico.” – le parole del giudice al momento della sentenza. 

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LEONARDA CIANCIULLI, LA SAPONIFICATRICE DI CORREGGIO

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Un metodo bizzarro di una serial killer di sesso femminile è quello di Leonarda Cianciulli, meglio nota come “saponificatrice di Correggio”. 
Nata da un abuso subìto dalla madre a fine ‘800, vive in condizioni di miseria e perde in tutto 13 figli, di cui 3 con aborto spontaneo e 10 appena nati, perdite che ricorderà per tutta la vita nei suoi incubi peggiori. Leonarda soffre di epilessia, tenta più volte il suicido ed è convinta che la madre le abbia cacciato una maledizione; il suo sostentamento arriva dai servizi di chiromanzia e astrologia. Se fosse vissuta ai tempi dell’Inquisizione sarebbe già stata bruciata viva come tutte le streghe, mentre allora, siamo nel 1939, la donna ha un solo desiderio: mantenere in vita il figlio maschio sopravvissuto, ad ogni costo, anche attraverso la magia, unico mezzo di una donna semianalfabeta, anche a costo del sacrificio umano. 

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Alla cattura dirà “Non ho ucciso per odio o avidità, ma solo per amore di madre”. 
Insomma una donna totalmente segnata dalla morte dei suoi piccoli, che sceglierà tre prede facili, delle vedove solite farsi leggere i tarocchi dalla Cianciulli, le ucciderà a colpi di ascia, fatte a pezzetti e sciolte nella soda caustica. Il sangue veniva raccolto e lasciato coagulare, fatto seccare al forno e poi mischiato a farina, cioccolato, latte, uova, margarina, e impastato per fare dei biscotti che venivano offerti al figlio per salvarlo dalla maledizione. Una delle vittime, dichiarò l’assassina, aveva la carne grassa e bianca, cosicchè il liquido raccolto, aggiunto a della colonia, venne bollito per essere trasformato in saponette cremose regalate a vicine e conoscenti. 

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Museo criminologico di Roma, strumenti usati dalla Cianciulli e le foto delle vittime. 

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Gli esperti hanno dimostrato dai documenti originali che la donna soffriva di “disturbo istrionico e narcisistico di personalità con tratti sadici, schizoidi e paranoidi”, malattie mai curate che hanno lasciato la follia in libertà. 

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Nel Museo criminologico di Roma, sono custoditi gli strumenti usati dalla Cianciulli e le foto delle vittime. 

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JOHN WAYNE GACY

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John Wayne Gacy è il prototipo del vicino di casa americano, una grassezza alla McDonald’s, una generosità da grigliatore professionista, e una socievolezza ben esibita; inoltre, per aizzare lo stendardo della generosità, John Wayne Gacy faceva il pagliaccio negli ospedali per bambini malati, spettacoli comici in nome della bontà e molti di beneficienza. Se non bastasse, era un grande lavoratore, 16 ore al giorno sempre indaffarato, un piccolo imprenditore volenteroso nel settore della ristorazione e un buon padre di famiglia. Come può destar sospetti un soggetto del genere, con tutte le carte in regola? Eppure, questo simpatico grassoccio, nascondeva un terribile segreto. Gacy uccise 33 vittime, ragazzini tra i 15 e i 17, studenti universitari, giovani che prestavano servizio presso le sue attività. Coperto da un’ottima reputazione, Gacy attirava le vittime presso la sua abitazione, le ubriacava, abusava di loro sessualmente, le seviziava, per poi ucciderle e sotterrarle nella cantina e nel giardino accanto al barbecue. 

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Dal primo omicidio Gacy capì che “non esisteva emozione più forte della morte”, che gli procurò un orgasmo completo e intenso. I primi segni di omosessualità li ebbe dopo il matrimonio, quando iniziarono le avance nei confronti dei colleghi, che ritrattava se questi reagivano con sdegno, e le prime aggressioni nei confronti del figlio di un suo amico, un quindicenne che obbligo’ ad una fellatio. 

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Il serial killer John Wayne Gacy

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Gacy da bambino, esattamente all’età di nove anni, fu molestato sessualmente da un amico di famiglia; il padre era un alcolizzato che passava il tempo a deriderlo per la sua obesità e i suoi modi effeminati, un uomo violento che lo puniva con la cintura di cuoio. 
Come può sviluppare l’idea di amore un bambino che si sente dare dello stupido, che viene picchiato, che subisce un danno psicologico la cui grandezza è inspiegabile e indicibile e che lui stesso per la tenera età non può capire? E’ possibile riconoscere un potenziale serial killer? E in quel caso, a chi si può chiedere aiuto, se egli stesso non riconosce il problema? Come fermare la nascita del male? E’ utopia o aprendo gli occhi ci possiamo proteggere? 
Se quell’ombra compare dentro di noi, esiste una categoria di medici disposti ad aiutarci, sono gli psichiatri; perchè una specie di pensieri che si insinuano nel sottostrato della nostra coscienza, quelli che Freud chiama “voci del desiderio”, quelli che si depositano in luogo fatti di ricordi rimossi e traumi, sono solo dormienti, non morti. E sono quelli più veri ma anche più pericolosi in certi casi. 

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Nel 2003 il regista Clive Saunders ha girato il film “Gacy”, basato sulla storia vera del serial killer. 

“By the sea” il film scritto, diretto e interpretato da Angelina Jolie

Vanessa e Roland sono una coppia in crisi, lui uno scrittore fallito che cerca le parole nell’alcool, lei una ex ballerina che sente il peso del tempo.
Nel tentativo di recuperare i cocci del rapporto, i due decidono di passare del tempo presso un elegante albergo nell’isola di Gozo, a Malta, un luogo dove le ore scorrono placide e lente, dove l’eleganza degli arredi e la bellezza degli ospiti dovrebbe portare la mente al riposo. Ma Roland, dall’aspetto trasandato e accompagnato sempre da un bicchiere di gin, trascorre le sue giornate nel bar dell’albergo, a scribacchiare qualcosa che dovrebbe restituirgli dignità e rispetto verso se stesso, mentre la moglie, di una bellezza e di una grazia che si distaccano da ogni altra donna che le passa accanto, nei suoi abiti casti e svolazzanti ben attenti a coprire un corpo che si è spento, lo attende chiusa nella stanza dorata, distesa su una sdraio a contemplare l’andirivieni delle onde, sempre uguali, sempre le stesse, mentre accolgono l’arrivo di un pescatore che parte al mattino e rientra al tramonto, anche lui, alla stessa ora, tutti i giorni, sempre a mani vuote. 


Nella camera accanto, due sposini novelli in luna di miele; sono giovani francesi che hanno ancora accesa la fiamma del desiderio, fanno l’amore giorno e notte e questo lo scopre Vanessa, che li spia quotidianamente da un buco del muro nascosto dietro un secrétaire. Questo fatto spezza momentaneamente l’apatia di Vanessa, chiusa a riccio nel suo corpo e nella mente, un’agonia riuscitissima nella pellicola di Angelina Jolie, scritta, diretta e da lei interpretata, lo strazio e il senso di impotenza di chi teme non riuscire a cambiare nulla, l’abbandono di chi si arrende alla propria tristezza e la rabbia repressa di chi sa di non poter essere compreso.

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Presto anche Roland scoprirà quella piccola finestrella sul mondo felice di un’altra coppia, e i due si ritroveranno spettatori di una felicità che a loro non appartiene più, di una gioia fisica di tempi che sembrano lontanissimi e ormai riposti nell’angolo dei ricordi; perchè Vanessa è una donna frigida, dopo “quel fatto”, l’episodio che il marito promette di non raccontare sul suo libro. 


Accecata dalla gelosia, Vanessa accusa il marito di desiderare quella giovane sposa francese, da cui accetteranno inviti a cene e gite in barca a quattro, come se la vicinanza di un’altra donna potesse dimostrare a se stessa le sue fragili paure, come se il suo desiderio fosse quello di portare un corpo vivo e pulsante di vita in dono a Roland, per poi soccombere alla tentazione del suicidio e mettere fine a tanta sofferenza. 

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Ma la mente di una donna è così complessa che pensare al banale tradimento sarebbe poca cosa: Vanessa infatti, interpretata da una Jolie dall’emotività instabile che si rivela con coraggio (perchè tutto fa credere che il racconto sia autobiografico), sapendo che il marito dall’altra parte della parete avrebbe spiato i fatti, orchestra una sonora vendetta, flirtando con il giovane sposo che le slaccia la camicetta rivelando l’intimo rosso, simbolo del fuoco che dentro non si è mai spento, prima che il marito la soccorra sferzando un carico di pugni al rivale per poi ricreare il frastuono, che lei da tempo attendeva, il rumore che avrebbe sputato fuori la verità, gli strattoni che avrebbero fatto uscire l’invidia che lei covava nei confronti di una coppia felice in attesa di un bambino, mentre lei, sterile, era costretta a guardare. 

L’attenzione nella scelta dei costumi, sempre impeccabili per la Jolie, raccontano una perfezione apparente; la fotografia, calda e minimale, rappresenta una calma fittizia; tutto fa pensare di questa sceneggiatura che sia come una lettera di sfogo della misteriosa attrice le cui fragilità vengono spiattellate da tutti i giornali di gossip, un coraggioso atto di analisi e forse un’ultima e disperata richiesta di aiuto nei confronti del marito, un Pitt che di alcolismo ne sa qualcosa. 

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La stessa Jolie, in passate interviste, aveva dichiarato che “dovevano dirsi delle cose”, che quel senso di pesantezza voluto nel film si sentiva sul set anche tra di loro. 

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Quello che noi vediamo dei personaggi che il cinema ci propina, sono solo fantasmi immaginari, né la Lara Croft di Tomb Raider, né la strega di Maleficent, Angelina Jolie sembra dirci piuttosto d’essere la Lisa di Ragazze interrotte, una donna sola che ha solo bisogno di aiuto.