“Le amiche” di Michelangelo Antonioni

Lo sfondo è una Torino bene dei primi ’50, un gruppo di amiche impellicciate si scambia consigli su creme di bellezza e su luoghi di villeggiatura. Sono donne il cui unico pensiero è cosa indossare al primo appuntamento o scegliere se tornare col marito ricco e assente oppure vivere una vita sole, questo almeno apparentemente. 
Fino a quando una di loro tenta il suicidio. Il suo nome è Rosetta, una bella ragazza timida e discreta, che a differenza del gruppo ciarliero è più taciturna e più schiva. I motivi di questa sofferenza sfuggono alle ragazze, a sciogliere la matassa sarà Clelia, l’estranea del gruppo, la responsabile di un elegante atelier appena avviato.
Clelia stringe amicizia con loro e durante un viaggio di ritorno da una gita al mare, comprende che dietro la scelta di quella triste ragazza c’è un uomo: Rosetta infatti ammette di essere innamorata di Lorenzo, un uomo sposato di cui è l’amante. 

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Tra una sfilata di moda all’atelier e un flirting annoiato – “Tutti siamo stanchi ma non è una buona ragione per dirlo, si fa finta, si fa sempre finta” dirà Momina, la più cinica delle ragazze rivolgendosi allo sbadiglio del corteggiatore, – la storia clandestina dei due romantici amanti si consuma sotto gli occhi di una moglie che soffre, tradita dall’amica e dal marito, ma non si frappone alle loro scappatelle, e annuncerà la sua partenza per l’America per motivi di lavoro.
Alla notizia Lorenzo, il marito fedifrago, tornerà piagnucolando all’ovile con la coda tra le gambe e lasciando la povera Rosetta, ingenua, illusa e con le ferite di un tentato suicidio che stavolta porterà a termine. 


Tutta la combriccola a questo punto si sentirà sporcata dal senso di colpa, chi per non averla protetta, chi per averla lasciata, chi per averla spinta tra le braccia di un uomo impegnato. 

Ciascun personaggio femminile è perfettamente profilato: Rosetta è la romantica illusa che cede alle languide bugie di un artista fallito (Lorenzo) e bisognoso di attenzioni, un uomo geloso del successo della compagna (Nene) e che cerca in una donna sola, disponibile e con la giornata libera, le parole di incoraggiamento e le lodi che accrescono il suo narcisismo.
Momina è la più cinica, manca di empatia e non perde occasione per dimostrare al gruppo il suo senso di superiorità. Un’amica l’additerà in questo modo: “Tu hai sempre l’aria del genio in mezzo ai deficienti“.
Può darsi che sia la verità“.

Mariella è la più frivola e la più leggera, si annoia facilmente e per passare il tempo bacia i ragazzi di tutte. Anche la sua allegria non manca di ipocrisia: arrabbiata con Momina che la accusa di essere sciocca, sedurrà e provocherà l’uomo dell’amica, per poi pentirsene ed abbracciarla.




Quello di Michelangelo Antonioni è il ritratto di una borghesia anni ’50 con troppo tempo a disposizione, lascia alle uniche donne impegnate in un lavoro che le rendono indipendenti e libere dalle schiavitù dell’amore, l’ultima frase del film: “Non ho mai il tempo di pensare, e questa è una gran fortuna.”



“Le amiche”, Michelangelo Antonioni 1955

LUCE BEAUTY – La nuova linea bellezza di Alessia Marcuzzi


ALESSIA MARCUZZI

FINALMENTE DISPONIBILI I PRIMI PRODOTTI

LUCE BEAUTY

PER UNA NUOVA LUMINOSITÀ NEL SEGNO DEL CLEAN BEAUTY

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Al via l’esclusivo pre-sale della collezione Luce Beauty by Alessia Marcuzzi

disponibile per tutti gli iscritti alla newsletter di Lucebeauty.it

Da fine maggio, al via lo shop online!

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Sono oltre 50 mila gli iscritti alla newsletter di LUCE BEAUTY che già dalla mezzanotte di oggi hanno la possibilità di acquistare in anteprima per 48 ore i prodotti della collezione LUCE BEAUTY by Alessia Marcuzzi, la nuova linea skincare ideata dalla conduttrice, nata dalla voglia di creare prodotti per la cura e per la bellezza della nostra pelle, completamente naturali. 

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Per le sue creme, Alessia ha infatti voluto seguire il manifesto del clean beauty, ovvero la filosofia beauty che vuole rendere la cosmetica rispettosa della pelle e dell’ambiente, avvalendosi della collaborazione di un gruppo di esperti del settore che potessero guidarla nel percorso giusto ed ottenere  i risultati migliori per la cura della nostra pelle in modo sicuro.

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Ecco principi cardine fondamentali della sua linea: naturalezzamade in Italysicurezzarispetto e fiducia.

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I prodotti LUCE BEAUTY, infatti, sono certificati biologici e realizzati con ingredienti di origine naturale (oltre il 98%), provenienti dalla macchia mediterranea. Tutta la filiera è stata realizzata da eccellenze italiane, dall’ideazione del prodotto fino alle materie prime, e tutti i prodotti sono dermatologicamente testati, biologici e nickel tested. 

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Come da normative europee, inoltre, LUCE BEAUTY è cruelty free e tutti i suoi packaging sono realizzati con materie riciclabili, per avere il minor impatto possibile sul nostro pianeta.

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I primi 4 prodotti di Luce Beauty sono: Illuminating Serum, Lifting Cream, Eyelift Cream e Regenerating Night Oil. 

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Da fine maggio lo shop online di LUCE BEAUTY sarà aperto a tutti.

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IG @lucebyalessiamarcuzzi

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boohooMAN lancia una capsule collection con Disney

L’e-tailer britannico boohooMAN.com annuncia la prima capsule in collaborazione con Disney.

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boohooMAN ha lanciato un’esclusiva collezione streetwear dal sapore nostalgico ma dall’anima ribelle. Ispirate allo streetwear degli anni ’90, le silhouette semplici, combinate a grafiche fresche ed esuberanti, rendono la collezione un must have per ogni guardaroba.

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La linea vanta una palette di colori neutra, che spazia dai toni del rosso al nero, con un tocco di blu ad esaltarne il mood vivace, proponendo capi che uniscono tendenza e versatilità.

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Il CEO Samir Kamani afferma “La moda e i ricordi del passato hanno camminato a lungo mano nella mano e, in termini di creazione di un richiamo nostalgico, la Disney non ha rivali. Questa collezione significa per me l’incontro inaspettato tra lo stile street di boohooMAN e un personaggio iconico come Topolino, simbolo dell’infanzia di molte generazioni. La Disney è stata fonte d’ispirazione sia per la cultura pop che per la moda ed è qui che trova spazio la nascita di questa capsule.”

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La campagna, scattata su schermo verde, è un gioco di contrasti. L’uso della realtà virtuale di ultima generazione, che gioca su un’estetica animata per creare effetti visivi dinamici, incontra il mondo tradizionale e retrò Disney. Ispirate ai giochi per computer degli anni ’80 e alla musica hip hop, le animazioni completano la collezione con un twist inedito.

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La capsule sarà disponibile sul sito ufficiale boohooMAN.com a partire dal 7 maggio 2020.

IAA Muse Design Awards 2020, Platinum Winner, categoria orologi: vince il luxury & watch designer Danilo Petta

IAA Muse Design Awards 2020, Platinum Winner, categoria orologi: vince il luxury & watch designer Danilo Petta

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Lo stile del design italiano nell’alta orologeria svizzera torna a far parlare di sé. Il luxury & watch designer Danilo Petta vince, con l’orologio Astronomia Sky di Jacob&Co, il prestigioso IAA Muse Design Awards 2020 (Platinum Winner, categoria orologi). Il Muse Creative Awards, con sede a New York, è un importante concorso internazionale volto a premiare, a partire dal 2005, talenti di diverse discipline. Il suo obiettivo è quello di premiare l’idea e il design visionario di creativi provenienti da ogni parte del mondo grazie alla trasformazione del tradizionale linguaggio della pubblicità, del design e del marketing in espressioni originali e tecnicamente innovative. L’italiano Danilo Petta, già Senior Product Manager di alcune linee di Omega De Ville e Chief Watch Designer di Purnell, ha al suo attivo progetti come il Bulgari Serpenti Tubogas (2009), l’Astronomia Sky (2016) e l’Astronomia Solar di Jacob&Co (2017). Inoltre, come co-proprietario dello Studio Italo-Tedesco Mask Architects con Öznur Pınar Çer, Founder and Principal Designer, è il primo designer orologiero ad essere stato invitato alla prossima Biennale 2020 d’Architettura di Venezia con un progetto che trae ispirazione dal mondo delle lancette. Usando ‘’l’archetipo’’ di un buco nero, verrà data vita ad un concetto inedito di meccatronica auto-alimentata applicata ad elementi concentrici.

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Il progetto che ha portato “sul podio” il designer di origine sarde è l’Astronomia Sky di Jacob&Co, una creazione dal design futuristico e di straordinaria ingegneria micromeccanica che desidera elevare l’arte orologiaia al di sopra del tempo. La paternità di questo sistema micromeccanico è opera di un altro talento italiano, il Maestro Orologiaio Luca Soprana che ha dato vita al calibro a carica manuale JCAM11 (42 rubini, 21.600 alternanze/ora, riserva di carica di 60 ore). I due sono riusciti a dar vita, combinando il più alto livello dell’artigianalità orologiaia svizzera, della creatività Italiana e delle arti micro-decorative, ad un orologio che vuol essere la riproduzione visiva-poetica della volta celeste. Mai visto prima in orologeria, l’Astronomia Sky, che ha richiesto quasi 3 anni di sviluppo dal collaudato binomio Petta-Soprana, introduce un display siderale tridimensionale e un’architettura sviluppata verticalmente unica nel suo genere.

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L’allure cinetica di Bottega Veneta

L’allure cinetica di Bottega Veneta

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Daniel Lee è senza dubbio uno degli interpreti più stimolanti della scena fashion odierna. Per la collezione autunno-inverno 2020-21 presentata al Palazzo del Ghiaccio rivisitato da scenografie palladiane, il giovane designer (che per chi non lo sapesse è da circa due anni il nuovo direttore creativo del brand ed ha già vinto i British Fashion Awards) esprime una visione ancora più netta e inoppugnabile della sua estetica: il suo mantra di stagione è il dinamismo mutuato dalle coreografie di Pina Bausch. Le frange danzanti degli abiti e coat femminili, motivo conduttore di questa collezione, catturano in prima fila l’attenzione di un cineasta rigoroso ma romantico come Luca Guadagnino che, dopo la sfilata, ha dichiarato: “Mi piace, ha una visione precisa e la persegue con determinazione e caparbietà, ottimo lavoro”.

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Daniel Lee, nuovo golden boy del gruppo Kering, non ha mezzi termini, sa quello che vuole ed è straight to the point: qualche critico per definire il suo stile ha usato il pomposo termine ‘brutalismo’. Non sappiamo sinceramente se questa definizione possa attagliarsi alle sue proposte ma di sicuro la sua filosofia così nitida e senza fronzoli fa pensare a una rimonta di quel minimalismo anni’90 che ha segnato un intero decennio. I colori sono fluo, accesi, vividi, quasi accecanti: rosso carminio, giallo lime, verde fluo, viola ametista. Gli abiti a volte sembrano paracadute tanto sono drappeggiati e arricciati, altre volte si portano lunghi fino ai piedi seguendo verticalismi briosi. I suit evocano lo stile degli anni’90: Kaia Gerber spunta in pedana con un severo outfit da manager amburghese ma illuminato da colli verde kiwi che sarebbe piaciuto alla Sharon Stone di ‘Sliver’. Il casting maschile è spiazzante: ragazzi efebici, giovanissimi e assolutamente glabri ma con personalità, in linea con il rigore asburgico di certi cappotti a ricordare quasi Helmut Berger in ‘La caduta degli dei’ di Luchino Visconti ma senza indulgere troppo nel dandismo d’antan.

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Tutto è solenne ma anche no, pronto a sdrammatizzarsi. Frange anche sui lunghi cappotti di ecofur bicolori mentre le borse lievitano sui fianchi: ampie, capienti come bisacce, voluminose e ludiche, nota ironica e sferzante nei look austeri, ascetici, della sfilata che piacerebbero a un monaco stilita in odore di beatificazione. Si comprende subito che molti capi servono essenzialmente per enfatizzare gli accessori, forza trainante del marchio: ne è passato di tempo da quando la bellissima Lauren Hutton incontrava Richard Gere in ‘American gigolò’ portando la sua inseparabile borsa dalla texture intrecciata firmata Bottega Veneta. Un motivo decorativo che oggi rivive ingigantito in versione 3D, formula insolita a cui dovremo, volenti o nolenti, fare l’abitudine. Un frisson erotico trapela dalla camicia nera per lui ma molto agender completamente see-through secondo un effetto ragnatela disegnato dal crochet.

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I pantaloni sono per lo più dritti e a vita altissima e qualche giacca succinta assume un taglio volitivo ma civettuolo ‘à la Robespierre’ alternandosi a giacconi di pelo. Interessante questa operazione di restyling chirurgico e a tutto tondo ordita dall’enfant gaté di Bottega Veneta: il glamour asciutto delle sue collezioni è sprigionato perfino dalle campagne pubblicitarie di Tyrone Lebon dove le allusioni a una carnalità tutt’altro che algida risultano palesi, quasi occhieggiando a un mood fetish sulla falsariga di Helmut Newton. Perché come si dice: ‘sex sells’. La sensualità si stempera nel rigore, il vitalismo cromatico nel design più epurato: tutto è molto incisivo e pregnante, poche parole, lasciamo parlare i fatti. E allora via libera alle micro purse verde prato da portare con la tunica ampia da vestale discoglam 4.0 scintillante di cristalli all over, alla enorme borsa oversize da portare a spalla in nappa bianco ottico con macro intreccio, alle scarpe dalla punta quadrata (grande ritorno nineties) e ai tocchi di eleganza sporty ma anche un po’ gipsy come la borsa fluffy in pelle intrecciata tutta ondeggiante di frange, ai piedi stivali marziali o babbucce fluo. Una collezione coraggiosa e assertiva che sembra un drink galvanizzante ad alto tasso etilico: è inebriante per i sensi e la sorbisci tutta d’un fiato.

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Lo “spirito” femminile del panorama enologico italiano. La voce di Cristina Mercuri

Cristina Mercuri, Presidente di DEGUSTIBUSS, Accademia Italiana del Vino.Lo “spirito” femminile del panorama enologico italiano.

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C’è chi sogna per poi rimpiangere di non averci mai provato, per semplice convenienza o perché vinto/a dall’indole umana che spinge gli uomini a fortificarsi nella propria zona di comfort, e chi invece si accorge che“È noioso desiderare sempre e non soddisfarsi mai”, come scriveva Honoré de Balzac.
Parte da qui la storia di Cristina Mercuri, Presidente e Founder di DEGUSTIBUSS, Accademia Italiana per Sommelier e volto noto del panorama enogastronomico italiano ed internazionale.

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Cristina ha capito di essere nata per vivere, cosicché ha deciso di realizzare il sogno di una giovanissima che guardava un programma in tv, abbandonando definitivamente il comfort della vita da Tailleur.

Così nel 2017 ha co-fondato Degustibuss, Accademia del vino in forte crescita, con tante sedi in Italia e attività in tutto il Mondo.Studiare Giurisprudenza l’aveva appassionata. Ma sia la pratica forense che la professione vera e propria non le davano più soddisfazioni. Così Cristina Mercuri, classe 82, toscana ma milanese d’adozione, avvocato per studi americani e multinazionali fino al 2015, stanca di una routine e di un lavoro che non le appartenevano, decide di cambiare rotta e dedicarsi alla sua vera passione: diffondere una cultura vera e sana del vino.Oggi Cristina è una Wine Educator e consultant, in possesso del Diploma WSET, uno degli istituti di formazione sul vino più autorevoli al mondo. E nel 2017 arriva Degustibuss, accademia nazionale, che oggi ha sedi in tutta Italia e propone corsi sommelier, corsi degustazione vino e birra e corsi barman.

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«Da legale, non trovavo senso etico in quello che facevo, non portavo a casa nessuna soddisfazione, anche quando vincevo – afferma Cristina – se ci pensi,la tua giornata è il tuo lavoro: perchè ci passi dalle 8 alle 12 ore, se va bene. E perchè avrei dovuto passare la mia vita a fare cose di cui non m’importava assolutamente nulla? Non siamo alberi. Non sono piantata nel mio status quo, ho la splendida facoltà di muovermi e cambiare. Se siamo infelici dobbiamo rilanciare i dadi, essere svegli e lavorare sodo».
Cristina non ha alcun rimpianto per la scelta fatta, anzi ha molti progetti in cantiere. Spera di diventare un Master of Wine  e di poter entrare nell’Olimpo dei pochi (ad oggi solo 380 in tutto il mondo) MW in circolazione.


Conclude così Cristina: Per il futuro  vogliamo picchiare forte e non smettere mai di dare contenuti sempre più seri e scientifici ai docenti e ai discenti (tiene lei le lezioni per i livelli superiori di sommelier a Milano), per formare i professionisti del futuro secondo standard internazionali solidi, seri e di prestigio».


BREVE PROFILE DEGUSTIBUSS

La formazione di Degustibuss mira a rafforzare l’approccio critico al calice e insegna come gestire in maniera profittevole una cantina, come diventare Head Sommelier o Buyer, perché affronta i temi economici e di posizionamento commerciale molto seriamente.

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E poi la struttura logica che sta dietro la didattica è unica.

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Nel primo livello si studiano i Vitigni Internazionali e si analizza come i fattori di Terroir influiscono sulle differenze nel calice: alla fine del primo livello il corsista non solo è in grado di degustare, ma è anche in grado di riconoscere vitigno e origine geografica di un vino (panel internazionale, ovviamente).

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Nel secondo livello gli argomenti sono L’Europa, e come i fattori in vigna e cantina influiscono sulla qualità e lo stile di un vino. Partendo dal calice, quindi, il corsista sarà in grado di risalire ai fattori che lo hanno determinato, valutandone la qualità da un punto di vista oggettivo.

Nel terzo livello (il più bello a mio parere) si affrontano le restanti regioni del mondo e si fanno interessanti Lecture su Climate Change, concetti molto tecnici che riguardano turnover e profittabilità aziendale, posizionamento economico di un vino e giusto valore monetario. Oltre che un’ampia sessione sugli abbinamenti con il cibo. Il corsista che diventa Sommelier superando l’ultimo esame è in grado di affrontare una discussione su un vino a livello tecnico, responsabile e preparato.

IED lancia Render Farm, laboratori virtuali, agevolazioni finanziarie

L’Istituto Europeo di Design presenta un piano a favore dei suoi studenti per garantire che, in vista della chiusura dell’anno accademico, rimanga alto il livello di qualità dei percorsi di studio portati avanti nel secondo semestre, anche se da remoto. Le iniziative adottate da IED vanno ad integrare quanto attivato per la Smart School, agendo su due fronti: da una parte assicurare a tutti gli studenti di completare i rispettivi percorsi di studio senza ritardi e carenze, integrando anche quelle attività – tipiche di una scuola del fare – che richiedono accesso a laboratori e l’utilizzo di software e attrezzature proprie del corso; dall’altra mettere a disposizione delle famiglie colpite dalla crisi un piano di aiuti economici, volto a sostenere il percorso di studi dei propri figli, considerando tutte le situazioni di difficoltà che si sono venute a creare a causa dell’attuale contesto. 

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L’impegno principale di IED, soprattutto in questo particolare momento, è di continuare a garantire che tutti gli studenti abbiano le medesime opportunità e regole in un momento che ha contribuito a costruire divari, rispettando le differenze tra i corsi – dichiara Riccardo Balbo, Direttore Accademico IED. Tutti i nostri studenti saranno messi nelle condizioni di diplomarsi nei tempi stabiliti e con i requisiti formativi definiti. I servizi di job placement e career service non soltanto saranno garantiti come ogni anno, ma saranno al fianco dei nostri neo diplomati per raccontare ai loro futuri interlocutori il modo con cui questi giovani, con maturità e senso di responsabilità, hanno saputo adattarsi ad una situazione inaspettata e difficile“.

IED ha sviluppato un sistema integrato di servizi per permettere prima di tutto a diplomandi e masteristi di finalizzare i rispettivi progetti di tesi. Il sistema prevede un servizio di Render Farm che fornisce agli studenti la possibilità di affidare in esterno la parte finale di rendering, che richiederebbe una potenza di calcolo non disponibile da un dispositivo standard in uso da casa. Al servizio di Render Farm si aggiunge quello di laboratori virtuali, che permette di collegarsi da un qualsiasidevice personale ad una delle macchine presenti nei laboratori IED o nel cloud, sfruttandone così la potenza e tutto l’impianto di software disponibile, senza dover installare nulla sul proprio dispositivo.

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A questi due servizi si aggiunge poi la possibilità di poter prendere in prestito dalle sedi materiali e attrezzature specifici di corso, il poter accedere a servizi di lavorazioni in esterno, come ad esempio per il corso di design del gioiello, e avere la possibilità di accesso – in maniera contingentata secondo orari prestabiliti e turnazioni – ad alcuni laboratori delle sedi, come ad esempio la sala registrazioni per i corsi di sound design. Per seguire le disposizioni del Governo in materia di sicurezza sanitaria, le tesi saranno discusse da remoto. Inoltre, per garantire che tutti gli studenti si possano diplomare nei tempi stabiliti, la sessione estiva ordinaria si aprirà il 13 luglio allungandosi, con una pausa ad agosto, fino al 30 settembre.”Oggi sentiamo forte la necessità non solo di assicurare il completamento dell’anno accademico da remoto dei nostri diplomandi – dichiara Emanuele Soldini,Direttore IED Italia – ma anche di garantire ai ragazzi di primo e secondo anno il proseguimento dei loro percorsi, affinché nessuno debba trovarsi nella situazione di dover abbondare gli studi. Siamo consapevoli delle difficoltà che le famiglie potrebbero trovarsi a fronteggiare in questo delicato momento, per queste ragioni abbiamo previsto un programma di aiuti finanziari per sostenerle”.


Grazie alla collaborazione dell’Istituto Pro-family del gruppo bancario BPM si potrà accedere ad un finanziamento a tasso zero esteso da sei a dieci mesi, il cui onere finanziario costituito dagli interessi sarà totalmente a carico di IED. Sono previste per gli studenti riduzioni sulla retta di frequenza in caso di difficoltà economica familiare certificabile, dovuta all’emergenza COVID-19. Inoltre per tutti gli studenti è prevista un’agevolazione economica in caso di re-iscrizione entro il 30 giugno, valida anche in caso di sottoscrizione del finanziamento a tasso zero. Per gli studenti che si iscrivono al primo anno, sono previste invece agevolazioni sulle iscrizioni anticipate, come lo sconto Early Bird, il finanziamento a tasso zero e un bando di borse studio dedicato a studenti meritevoli, sempre a supporto delle famiglie più in difficoltà.

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 Oggi lo sguardo dell’Istituto Europeo di Design è già lungo sul mese di settembre, con l’obiettivo di poter riprendere l’anno accademico 2020/21 con una didattica in modalità FAD integrata ad attività in presenza dove possibile e nel pieno rispetto delle regole e della sicurezza personale, con l’estensione del servizio di Render Farm e di laboratori virtuali e quindi con un progetto allargato che guarda ad una ridefinizione degli spazi delle sedi e della loro modalità di impiego.

10 ragioni per cui i Peaky Blinders creano dipendenza

Ecco perchè i Peaky Blinders creano dipendenza 

1. Non c’è scena in cui non si beva whisky e non si fumino sigarette. Se non la sta già aspirando a piè polmoni, Tommy Shelby la prende dal pacchetto; se pensavate di essere dei salutisti con questa serie tv vi ricrederete perchè il rito della sigaretta diventa magnetico e il gesto ipnotico. E’ la sigaretta a caratterizzare il machismo del protagonista, insieme ad un bicchiere di whisky scozzese preso nel Garrison Pub, il locale della family dove si riuniscono nella saletta privata. Tommy nella serie si esprime in merito all’uso dei diversi distillati: 

Il rum è per il tempo libero e per fare sesso, non è vero? Ora whisky, ci sono gli affari!
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2. Se lo incontri, il tuo unico pensiero sarà farci sesso. Il personaggio di Thomas Shelby ha il fascino irresistibile del cattivo, calcolo e freddezza negli affari, cuore tenero con le donne. Con loro rivela il lato gentile, sensibile e romantico; le donne fiutano e cercano con tutte le loro armi di sedurlo o farci un giretto. Ma Tommy, di natura diffidente ed ermetica, perderà la testa per una sola di loro, Grace, che sposerà e a cui dedicherà una lettera molto toccante, una volta persa:

la vita è una sofferenza che va vissuta in silenzio, sporcando un vecchio foglio di inchiostro, lontano da sguardi indiscreti. Non possiamo mostrarci deboli. Non posso, non devo. Sei riuscita a frantumare i muri della mia fermezza, della mia determinazione e della mia forza. Per questo mi odio. Io mi odio Grace, ma ti ho sempre amata, questa è la più grande verità.”



3. I personaggi femminili sono fortissimi! Sono donne intelligenti, intraprendenti, sono loro a gestire gli umori dei loro compagni. Linda, la cattolica puritana moralista moglie di Arthur, lontana dalla vita scellerata del marito lo abbandonerà gettandolo nella disperazione. Michael, il figlio di Polly assetato di potere, troverà nella moglie americana Gina la perfetta socia capace di giocare con astuzia e sangue freddo. Zia Polly sarà il punto fermo della famiglia, avrà un lato materno che ai ragazzi Shelby manca, e il pugno maschile di chi detiene il potere e la gestione amministrativa della società.

4. Impossibile dimenticare uno solo dei personaggi della storia, chiunque entri in contatto con i Peaky Blinders acquisterà carattere e personalità, ogni leader delle band nemiche, ogni donna di passaggio che tenterà di prendere il posto dell’amata Grace. Bizzarro e ammaliante il ruolo della Gran Duchessa Tatiana Petrovna, ricca principessa russa vestita di diamanti e pietre preziose, che venderebbe la madre per soldi e per una vita libera scandita da orge e caviale. 

Sua è la frase rivolta a Tommy Shelby: “Ho messo 500 sterline in più per il sesso“.
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5. La violenza esplicitata si insinuerà sotto la vostra pelle come il sangue nelle vostre vene; i duelli di pistola si trasformano in momento artistico, il linguaggio sboccato entrerà così dentro il vostro lessico che sarà difficile rispondere a un messaggio senza iniziarlo con un “fottutissimo bastardo”. 



6. Alla fine della prima stagione il vostro unico pensiero sarà trovare un ippodromo e una bella somma di denaro da spendere scommettendo su un cavallo di nome “Grace”. 



7. Il cambio look diverrà uno stile di vita: via ogni jeans dall’armadio, farete spazio a doppiopetto in lana pettinata, cappotto lungo nero o grigio antracite, completi rigorosamente sartoriali in tweed, camicia con colletto club, gilet in lana da cui spunta un elegante orologio da taschino, fermacravatta e la mitica coppola dentro cui cucirete una lametta pronta per essere lanciata come arma. 
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8. Non vi avvicinerete più ad una chiesa. La moglie di Arthur, Linda, è un personaggio così fanaticamente religioso da farvi odiare ogni sorta di credente. La sua momentanea conversione alla vita scellerata degli Shelby sarà davvero poco credibile. Le notti brave a fumare, bere e tirare cocaina, non le leveranno di dosso quel velo puritano da cristiana cattolica esaltata. Difatti tornerà presto a pregare e invocare il nome di Dio, ma già lo avevamo immaginato.



9. Se il vostro lavoro non vi soddisfa, penserete alla carriera politica. Thomas Shelby nella quinta stagione è diventato un deputato laburista eletto con il voto popolare. Cercherà di “ripulirsi” e condurre una vita rispettabile. Ma non dimenticatevi che prima del partito, è passato per gli affari loschi!



10. Quando Thomas Shelby porterà la sigaretta alla bocca, vi sembrerà di rivivere una scena a rallentatore in stile “Holly e Benji”, di quelle che durano tre puntate. Sentirete friccicarvi lo stomaco perchè sapete che prima di fumarla passerà la sigaretta sulle labbra e la bagnerà con la punta della lingua, un modo per evitare che si secchi attaccandosi sulle labbra. Da dipendenza. 

Piccolo segreto (le sigarette sul set sono a base di erbe, Cillian Murphy ne ha fumate 3000 in tutto)


L’esotismo metropolitano di Riccardo Tisci per Burberry

L’esotismo metropolitano di Riccardo Tisci per Burberry

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Alla sua quarta prova come direttore creativo di Burberry, Riccardo Tisci inanella un altro formidabile successo fondendo la sua matrice multiculturale e prettamente indiana con la tradizione british di un marchio inossidabile. E il risultato è inebriante. Tisci si conferma, con la sfilata autunno-inverno 2020 del brand, uno degli interpreti di maggior talento della scena fashion globale e sicuramente uno dei pochissimi creativi al mondo (lui e JW Anderson in testa) in grado di giocare in modo credibile e assolutamente moderno con i codici di un marchio che è legato più di altri all’identità della Perfida Albione.

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In una location scenografica in cui giganteggia una lettera H cubitale e dove si sono un tempo esibiti i Primal Scream e i Chemical Brothers, Tisci manda in pedana un en plein scandito dalle note live di due colossali pianoforti a coda. Il check iconico della maison si coniuga, fino a diluirsi, con i motivi madras dei seducenti abiti drappeggiati come sari moderni palesemente ispirati all’India e alle sue suggestioni, puntando su un paese che è anche un mercato chiave oggi per l’Inghilterra della Brexit.

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Lo stilista dà il meglio di sé attraverso una carrellata di magnifici capispalla zippati e spesso cerati, di trench che occultano sorprese lievissime e soavi in chiffon tagliato a vivo quando non aderiscono al corpo in una vertigine di drappeggi, di montoni assolutamente imprevedibili perché spesso inside out e declinati anch’essi nel check maison, di dress accostati al corpo che fasciano la figura con una profusione di piegoline e arricciature di grande effetto.

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Tisci infonde nella sartorialità britannica di Burberry un flair dolcemente italiano e un’allure molto glamourous che lo definisce agli occhi di chi scrive come l’erede legittimo di Gianni Versace. E questo si coglie nei tagli assolutamente inconsueti, nelle linee flessuose ma svettanti, nell’uso di materiali piacevoli e innovativi dal sapore rustico ma classy, nell’impiego di colori tenui virati in una versione molto hot eppure portabile. Come quando una cappa a uovo circonda senza stringerla una giacca classica, come quando la maglia da rugby solcata da macro bande diventa un poncho, o quando il montgomery si veste di velluto o la robe da sera total black svela gentili maniche di chiffon plissettato.

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Le silhouette sono affusolate, i trench si ammorbidiscono senza enfasi sulle spalle e con tagli godet, il duffle coat per lui si tinge di rosa, le camicie si portano assemblate e giustapposte in una unica over shirt, la palette alterna lampi di rosso lacca al color cammello e al cappuccino per poi virare verso il verde acido e l’argento assoluto per la sera più siderale e scenografica in cui la maglia metallica flirta con decorazioni di micro borchie, piercing couture e fluttuanti frange di cristalli. Mai estremo ma visionario, Tisci declina la sua maestria, applaudita da Cate Blanchett, Mahmood, l’icona nineties Kristen McMenamy e la ‘pantera’ Naomi Campbell, anche negli accessori come la nuova borsa Olimpia, capiente e sbarazzina, la duffle bag in tessuto plaid, la purse metallica da nottambula tempestata di borchie, e la sneaker ibrida fra maschile e femminile come prevede la nuova fluidità al potere che però il talentuoso Tisci pare assecondare a modo suo. Chapeau!

Il soft tailoring di Brunello Cucinelli

Il soft tailoring di Brunello Cucinelli

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Diceva Kofi Annan, compianto segretario generale dell’Onu che “solo i ladri e i venditori ambulanti urlano”. E Brunello Cucinelli è di questa stessa scuola: invece di parlare sussurra, invece di gridare bisbiglia, parole di stile, pillole di eleganza. Un certo mondo lo segue come un vate dello stile, come un sapiens che vede aldilà e lui non li delude mai. Chi lo conosce sa che è una persona discreta, gioviale, affabile e brillante senza contare il suo innato magnetismo personale, che rispecchia quello che fa e che ama con coerenza, da sempre. Le sue collezioni riflettono il suo spirito illuminato da umanista colto e raffinato e il suo senso effortless per un’eleganza che non cambia perché un abito di qualità è per sempre. I cambiamenti nelle sue collezioni in verità ci sono ça va sans dire, ma sono impercettibili così come deve essere, perché oggi vince chi ha un’identità e sa sintetizzarla intorno a pochi capisaldi. Proprio come Brunello Cucinelli.

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Dal borgo di Solomeo nella ridente Umbria dai paesaggi incantati, le sue lavorazioni certosine, la sua maglieria soffice e all’avanguardia, i suoi filati ricchi ma sobri, gli abbinamenti insoliti e piacevolmente inconsueti da outsider della moda ammantano la silhouette di naturale morbidezza e di tinte pastose e neutrali come neutrale è lo stile che non passa mai di moda. Si può parlare di minimalismo a proposito delle sue creazioni? Forse sì ma non in un’accezione né letterale né restrittiva del termine e soprattutto non in una versione didascalica.

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Il manufatto italiano emerge in tutta la sua potente energia trasfiguratrice infondendo una verve decorativa all’insieme dei look: per la collezione autunno-inverno 2020-21 il creativo sviluppa il tema dell’androginia in modo gentile, senza calcare mai la mano. I materiali no season e le combinazioni dal gusto contemporaneo rendono versatile e fresco lo stile delle gonne. Fluide e impalpabili, in tulle, in nappa, laminate, a pieghe e a pannelli, le jupes rispondono a un crescente desiderio di una nuova femminilità.

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Delicate stampe floreali, effetti dégradé in tulle e in tela di lana, lavorazioni embossed, sono tutti interventi artigianali che ne accrescono il valore. Un understatement romantico conferisce carattere agli outfit dal timbro equestre, in omaggio a un dress code blasé e vagamente snobbish, assolutamente irresistibile. Il cuore della collezione è come sempre la maglieria, preziosa e blasonata come non mai. Effetti ramage, corteccia, feuillage sono tradotti in punti tridimensionali, irregolari, fatti all’uncinetto, intarsiati o ricamati. Anche tutti i punti della tradizione, trecce, maglie inglesi, coste e punti nordici si alleggeriscono grazie a lavorazione traforate e a rete per acquisire un’allure più delicata e femminile.

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La lavorazione più strepitosa è una maglia tridimensionale muschi e licheni ispirata al mondo organico mentre per alcuni, esclusivi pezzi in knitwear della capsule Opera che evoca il mondo naturale, sono occorse circa 20 ore di lavorazione manuale. E poi c’è la over shirt, nuova protagonista del guardaroba femminile: la camicia sconfina dal proprio ruolo e si impone come giubbotto, in alpaca imbottita o in pelle sopra abitini o maglie a collo alto; come cappotto, in montone, in double di lana o in cashmere; infine come outerwear, in tessuti moderni, anche imbottita con soffice piumino. Fondamentali le giacche, declinate in una ricca varietà di stili: con spalle importanti e belted waist, sagomate dal gusto equestre con punto vita segnato da pinces e impunture, e soprattutto in volume over per rivoluzionare audacemente lo styling, da indossare sopra leggerissimi abiti e con stivali da amazzone, ricordando Marie Antoinette e Sissi. La sobrietà del tailleur è mitigata dall’uso del colore o dai volumi loose dei pantaloni, oppure si rinnova attraverso gonne e tailored bermuda. Eleganza senza tempo e femminilità si uniscono per esprimere un nuovo soft power dressing e soddisfare, in un giusto equilibrio, le necessità della vita professionale e della vita privata. Quando la semplicità diventa arte.

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Il film noir di Valentino

Il film noir di Valentino

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Nero assoluto, tranchant, assiomatico e perverso come in una favola dark ambientata nelle metropoli nordiche, che sarebbe piaciuta alla Liliana Cavani di ‘Il portiere di notte’ o a Newton e ad Araki per le loro foto peccaminosamente bondage e sadochic. Il mondo enigmatico e sublime di Valentino si materializza sulle note di un quintetto d’archi live, nelle silhouette inquietanti e sofisticate modulate da Pierpaolo Piccioli che ha finalmente riscoperto il glamour del marchio declinandolo in modo squisitamente contemporaneo.

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La Parigi ambigua e rutilante del ‘Sept’ e delle ‘nuits fauves’ allo Hotel de Ville approda in passerella per dare forma e stoffa ai sogni erotici della maison, proposti in chiave no gender per un ‘dialogo senza barriere’. Le ‘belles dames sans merci’ del grande couturier che si definì negli anni’60 la ‘Rolls Royce dell’alta moda italiana’, prendono forma rinnovandosi attraverso abiti apparentemente austeri, in realtà molto voluttuosi e di vibrante sensualità: cristalli e canottiglie accendono di desiderio le robes lineari accompagnate da boot neo punk issati su solide basi, mentre i cappotti più assertivi sono ingentiliti da micro ricami ton sur ton, quasi impercettibili. Sugli abiti trionfano le grafiche stilizzate delle foto di Inez Van Lamsweerde e Vinoodh Matadin che hanno rivoluzionato la fotografia di moda negli anni’90 alimentando il loro immaginario con spunti cari alla moda come l’identità, la manipolazione corporea e la bellezza artificiale.

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La ‘sposa in nero’ di Truffaut si materializza in passerella negli abiti forgiati a sirena: a interpretarla stavolta ci sono le nuove ninfe miliardarie del fashion system, le più belle, le più venerate del web, Lara Stone, Irina Shayk e Natasha Poly affiancate dalla nuova top model curvy Jill Kortleve, già vista da Fendi. Come nel film ‘Miriam si sveglia a mezzanotte’ la nuova vamp di Valentino non offre fianco a critiche, sensuale e provocante anche se quasi ieratica nel lungo fourreau ‘rosso Valentino’ iridescente e dallo spacco abissale, indossato dalla bellissima Adut Akech.

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Lo stilista ha raccontato la sua sfilata coed, la prima di ready to wear sviluppata secondo questa formula, servendosi del linguaggio dell’inclusione, assurto a ‘koiné dialektos’ della moda, che il creativo ha trasposto anche in un’eloquente ibridazione fra i codici del guardaroba maschile e femminile, per un self restraint che profuma di couture e di sartorialità digitale. Come nei cappotti dalle linee giacomettiane che inneggiano a una pudibonda carnalità sintetizzata dai generosi scolli sagomati che diventano ancora più sensuali nei corpetti in pelle da virago chic.

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E la femminilità ‘insouciante’ del maestro di Voghera si palesa in quelle deliziose borse da atelier, doviziosamente decorate da fiocchi, frivole rouches, borchie e fiori leggiadri in omaggio a un nuovo esprit sofisticato e concettuale che piacerà alle figlie delle più assidue aficionados dell’ultimo imperatore della moda italiana. Interessanti i virtuosismi botanici 3d che sbocciano sulle mise in pelle rosa carne che connota le bluse impalpabili declinate come mini cappe remboursé, mentre la sera la maliarda dark solca la pedana candida con vaporosi ed eterei abiti di tulle e chiffon punteggiati di luminescenze floreali, mentre incedono in passerella magnetiche mises inondate di paillettes nere completate da lunghi guanti in tinta che evocano la seducente e pericolosa ‘Carmilla’ di Le Fanu e certi capolavori dell’estetica dell’Espressionismo tedesco.

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I bijoux importanti amplificano il messaggio di stilizzata fluidità che definisce questa suggestiva collezione. Piccioli coglie ancora una volta nel segno, come ha fatto nella straordinaria collezione di Haute Couture presentata a Gennaio, un altro en plein che non delude, convincendo sempre di più sul talento dello stilista romano di riuscire a proiettare nell’hic et nunc il mondo dorato e inaccessibile di una maison leggendaria e tuttora in stato di grazia, secondo un’ottica di disarmante e interessante modernità. 

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