Cronache Vintage – Oh My Boyish!

CRONACHE VINTAGE – OH MY BOYISH!

Mi hanno invitato a un festa di compleanno. In costume. Dress code in stile anni ’20/’30. Donne ricoperte di lustrini e uomini in coppola. In tutta onestà, non ho alcuna voglia di indossare un abito da flapper girl, di cospargermi di perle e pailettes, né di mettermi in testa piume a corredo di cerchietti ricamati. E vogliamo parlare degli antipatici tacchi a rocchetto o dei collant velati (che al solo sguardo si sfilano e da donna in costume a donna del buon costume è un attimo!)? Dio ce ne scampi! No, no, e ancora no! Ho deciso, m’infilo i pantaloni!

D’altro canto, proprio in quegli anni nostra signora Coco metteva in atto una rivoluzione estetica dalle incredibili risonanze: la donna conquistava gradualmente il diritto di lavorare, di fare sport, di guidare e come avrebbe potuto con abiti che costringevano invece che assecondare i movimenti? Mademoiselle Chanel se ne infischiava delle tradizioni, lei voleva sentirsi LIBERA! E allora via ai pantaloni a vita alta con pinces, maglie basic girocollo, comodi mocassini. Toglieva, semplificava e “trafugava” l’armadio di lui. Ne venne fuori uno stile paradossale, risultato di una combinazione stravagante e avanguardistica di elementi femminili e maschili insieme (guardatela abbracciata a Lifar, abbigliata esattamente come lui, ma non dimentica di essere una donna da perle e turbante). In altre parole, nasceva il look à la garçonne.

 

Chanel and Serge Lifar at the Lido venise - 1937
Chanel and Serge Lifar at the Lido Venice – 1937


 

Quindi farò il mio ingresso alla festa in camicia da uomo in seta, tutta abbottonata, calzoni a vita altissima, stringate e bretelle. Eh sì, perché fino alla fine degli anni ’20 le brache venivano sostenute mica con la cintura. E non indosserò la cravatta, voglio essere una MASCHIA informale!

Ah, beh, poi c’è la storia del capospalla. Naturalmente non mi metterò addosso boa di struzzo e pellicce (eco). Ho già pronto il cappotto-vestaglia ereditato da mia nonna. Con quello sembro un po’ un gangster a dire il vero. Ma la contaminazione di epoche me la consento.

Marlene
Marlene


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Marlene


O farò come la Dietrich, mi vestirò da uomo, ma non rinuncerò ai 10 cm di altezza. Marlene fu l’antesignana di quel “lesbo chic style”, pantaloni e rossetto, cilindro e tacchi, cravatta, doppiopetto e smalto. Una ragazzaccia ambigua e altera. La onorerò! E poi non mi dimenticherò della lezione di Monsieur Yves Saint Laurent, che durante l’arco di tutta la sua lucente carriera amò così tanto le donne, la moda e la sperimentazione, da innovarne il guardaroba con pezzi maschili. L’androginia fu un suo pallino, e allora blazer, sahariane, smoking, trench, giubbotti in pelle e tailleur-pantaloni modernizzarono l’aspetto delle signorine del tempo, che si evolse per divenire mascolino ma conturbante. Dunque, sbottonerò la camicia e farò scorgere il body in pizzo, come una SEXY TOMBOY. Yves avrebbe gradito molto. E scommetto che anche i giovanotti invitati alla festa apprezzeranno! Oh my boyish!

Yves Saint Laurent, Vogue France by Helmut Newton, 1975, Paris
Yves Saint Laurent, Vogue France by Helmut Newton, 1975, Paris


 

 

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