La guerra per il web 3.0

Cosa sta avvenendo nelle società HiTech più grandi del mondo? Una via è considerare ogni fatto come slegato e indipendente, e in questi ultimi mesi di fatti se ne sono verificati davvero parecchi. L’ultimo è di ieri e riguarda l’accordo stragiudiziale tra Apple e Google, nella veste della sua ex divisione Motorola Mobility. In base ad esso, tutte le cause in corso relative alle violazioni di brevetti (o presunte tali), saranno definitivamente chiuse ponendo così fine a quella che era una delle dispute di maggior rilievo dell’intera industria tecnologica.
 Apple e Google specificano che l’accordo non prevede la licenza reciproca per l’uso dei rispettivi brevetti, ma le due aziende si impegnano allo stesso tempo a lavorare insieme per dare vita alla riforma dei brevetti. La prima parte del comunicato è per i mercati: nessuna delle due aziende perderà parte del proprio cospicuo portafogli di brevetti, men che meno con cessioni non remunerative. La seconda parte invece è estremamente interessante per almeno due motivi: il primo, i due colossi americani non intendono continuare a darsi battaglia “su fatti del passato”, il secondo è che intendono collaborare non tanto sul terreno dello sviluppo del software quando su quello più globale della definizioni di nuovi standard del concetto stesso di brevetto, e quindi di cosa nel mondo del web sia sottoposto (e come) a copyright.


Se allarghiamo ulteriormente il punto di vista, ci sono altri eventi che dobbiamo mettere in correlazione, anche se apparentemente scollegati. 
Dopo aver firmato un contratto di cross-licensing con Microsoft ormai due anni fa, Samsung ha prima siglato un accordo stragiudiziale con Cisco e ha formalizzato alcune settimane fa l’alleanza industriale con Google “un accordo decennale, con l’intento” – aveva affermato Allen Lo, Deputy General Counsel for Patents di Google – “di ridurre il rischio di potenziali contenziosi e di concentrarsi sull’innovazione” che ha ad oggetto migliaia di brevetti già in essere (di proprietà di entrambe le aziende) e altri che saranno registrati in futuro. Un accordo che entrambe le parti hanno salutato con ovvia soddisfazione e in tal senso colpiscono le parole pronunciate da Seungho Ahn, capo della struttura “Intellectual Property” di Samsung, che ricordano (a tutti gli attori dell’industria mobile) come “c’è più da guadagnare dal cooperare che nell’impegnarsi in dispute sui brevetti non necessarie”. 
Da questi accordi, per il momento, resta fuori l’altra grande causa di Apple, quella contro Samsung, che continuerà a fare storia a sé, non essendo impattata dall’accordo tra Apple e Google.


Il campo di battaglia tuttavia va oltre le semplici questioni degli attuali brevetti e riguarda l’ascesa di Android, che ora è stimato installato sull’80% dei nuovi smartphones.
 Sia Motorola che HTC Corp sono state eclissati da società cinesi che utilizzano Android, come Lenovo Group Ltd, che ha già acquisito Motorola, Huawei e Xiaomi e che stava per acquisire RIM proprietaria di BlackBerry, ma il governo canadese ha bloccato ogni possibile offerta da parte dei cinesi chiamando in causa motivi di sicurezza nazionale “non siamo anti-Cina, ma non vogliamo un’azienda cinese nelle infrastrutture sensibili del Paese”. In Canada vige una legge chiamata Investment Canada Act, che dà al governo il diritto di negare alle multinazionali di acquisire aziende canadesi se il governo pensa che non siano rispettati i più alti interessi della nazione.
Ciò avviene mentre Microsoft, nonostante il calo dei ricavi, acquisiva definitivamente Nokia e, sul fronte brevetti, Qualcomm ha ufficializzato di avere rilevato da Hewlett Packard il portafoglio di Palm. Al produttore di chip californiano vanno quindi circa 1.400 brevetti relativi a tecnologie mobili registrati o in attesa di registrazione negli Stati Uniti e un altro migliaio depositati in altri Paesi. Con l’operazione si chiude di fatto definitivamente la storia di Palm: l’azienda dominatrice nel campo dei computer palmari fu acquisita da Hp nel 2010 (per 1,2 miliardi di dollari), l’anno dopo la società di Santa Clara decise di mettere in un angolo il progetto e il sistema operativo webOs, di recente passato nelle mani di Lg.


Cosa unisce tutte queste acquisizioni, accordi, cessioni e fusioni? 
I brevetti dei nuovi sistemi operativi per smartphone e dispositivi mobili, come palmari tablet e portatili, sono oggi i “paesi da conquistare” nel Risiko che determinerà di chi sarà il villaggio globale 3.0. Non solo in termini di imprese e business privati, ma soprattutto in chiave geopolitica. Sfida che evidentemente ha l’avallo di Washington, ben lieta che colossi come Apple e Google smettano di farsi la guerra nei tribubali statunitensi indebolendosi nel confronto globale reciprocamente, così come ben lieta che acquisizioni come Nokia e Palm facciano crescere le proprie aziende, con knowhow, brevetti e team di grande livello. Ma anche preoccupata dell’espansione di colossi come Lenovo, soprattutto in campi tecnologicamente strategici come la telefonia mobile, con tutto quello che comporta anche in termini di capacità di intelligence.


La vera notizia è però il salto di livello della contesa: Apple e Google specificano che si impegnano a lavorare insieme per dare vita alla riforma dei brevetti. In altre parole ciò che sino a ieri era un campo affidato al potere legislativo elettivo, in una materia delicata del diritto che doveva bilanciare legittimi interessi di guadagno e tutela individuale con l’interesse collettivo alla conoscenza e alla ricerca ed alla tecnologia aperte a tutti, oggi diventa oggetto di contrattazione tra grandi compagnie.
 Riscrivere assieme ciò che nel web 3.0 sarà “brevettabile”, i criteri, le tutele e gli accordi derivati diventa materia esclusivamente patrimoniale, per altro nelle mani di pochissimi mega-gruppi che ormai hanno nelle mani i sistemi di comunicazione globale, e che si preparano a sfidare definitivamente i colossi indo-cinesi.