Quello di Grillo non chiamatelo razzismo

L’altro giorno Beppe Grillo ha pubblicato sul suo blog un lungo articolo con una serie di proposte in materia di immigrazione. Come spesso fa per i temi più delicati (di recente un delirante attacco complottista verso Monica Maggioni), l’articolo non era direttamente a firma sua, ma “dava spazio” alle proposte di alcuni rappresentanti del MoVimento. A corredo del post una vignetta in stile ventennio, sia da un punto di vista grafico che contenutistico e stilistico.
Il tema non è nuovo sul blog di Grillo, e nemmeno tra i rappresentanti del suo Movimento.
Ne abbiamo parlato ad ottobre 2013, e già allora si trattava di una raccolta di materiali ed esternazioni perfettamente coerenti tra loro e precedentemente ad agosto.


Come scrissi già a maggio 2014 in realtà il tema non è però “un vero e concreto atteggiamento razzista”. 
Si tratta piuttosto di una strategia fondata essenzialmente su due concetti: Odio e paura. Se dovessimo sintetizzare in due parole gli elementi che con maggiore facilità attraggono elettorato e sostenitori massimalisti queste sono le due parole chiave.
 L’odio verso un qualsiasi diverso, ma anche verso qualsiasi nemico che venga additato come l’origine dei nostri mali: immigrati, euro, Europa, poteri forti, ma anche chi ha un’altra religione o semplicemente la pensa diversamente da noi e ci mette in difficoltà con il suo ragionamento. 
Paura è l’altra condizione necessaria: “cosa accadrebbe se…” condito da qualsiasi sciagura vera o presunta purché esprimibile in tre, massimo quattro parole. Anche qui la paura di perdere qualcosa, che sia un diritto, soldi, privilegi, posizione, ma soprattutto certezze, convinzioni, di dover mettere in discussione il proprio modo di vivere e pensare.
 Era il 22 aprile di quest’anno quando Grillo scrisse un allarmistico messaggio su Facebook “In arrivo un milione di immigrati. Bisogna agire subito!” rinviando per ulteriori informazioni sulla fantasiosa notizia inevitabilmente al link del suo blog.



A giugno – sempre sul tema immigrazione – è la volta di Di Maio, sulla sua pagina facebook. Una declinazione del tema e delle ricette per gestire questo fenomeno che mostravano tutta l’inadeguatezza del soggetto proponente, per non dire vera e propria ignoranza.

 La sociologa e giurista Iside Gjergji sul suo blog sul FattoQuotidiano a proposito dell’ultimo (cronologicamente parlando) post sul blog di Grillo parla di “razzismo a cinque stelle” e scrive: il post del pentastellato consigliere comunale di Torino, Vittorio Bertola, contenente proposte politiche in tema di immigrazione, non avrà procurato neanche un minimo spostamento del sopracciglio destro. Il post non rappresenta, infatti, nessuna novità circa le posizioni (cripto)fasciste e di destra, dunque razziste, espresse da molti esponenti di tale movimento, sia prima che dopo l’alleanza europea con Ukip. Un mix di ignoranza, di razzismo, di linguaggio da bar e di brama populista, mirante a togliere voti e simpatie a forze politiche più simili (almeno rispetto all’idea complessiva di società), ovvero al cartello elettorale Lega Nord-Casa Pound, permea molte parole delle proposte del consigliere. 



Lieti che il Fatto – testata da sempre molto vicina al M5S – se ne sia accorto.
Ma qui il razzismo c’entra poco. La questione è differente e più rozza, meno intellettuale, meno concettuale. Ben lontana dai vari “razzismi scientifici” che abbiamo conosciuto e conosciamo [che poi si tratta di una contraddizione in termini dal momento che la scienza se una cosa ha dimostrato è l’infondatezza delle ragioni del razzismo, ma questa è un’altra storia].
Quello di Grillo – e anche più dei suoi “eletti” – non è affatto razzismo. E a dirla tutta anche del tema immigrazione a loro, fondamentalmente, interessa nulla, tanto che anche quando presi in castagna e confutati, non si degnano nemmeno di un minimo di approfondimento o di replica. 
Il loro è becero, bassissimo, calcolo politico, demagogicamente parlando allo stato quasi puro. A scrivere questa volta è un consigliere comunale di Torino, altre volte fu Grillo che ricordava che “se avessero detto certe cose avrebbero preso percentuali da prefisso telefonico”. 



Qui si tratta di dire banalmente le cose che “tirano il sentiment”, in rete e nella piazza. Prendere i voti dicendo le più amene cretinaggini basta che siano efficaci sul territorio. Per Bertola nè più nè meno che uno spot personale a caccia di qualche votarello leghista. Per Beppe, inseguire Salvini sul suo terreno. Niente di più. È la solita formuletta chimico-matematica del “distillare l’odio, alimentando l’ignoranza e facendola crescere al fuoco lento della paura costante”. 
La formula è antica: è la paura del diverso, che diventa immediatamente nemico, cui vengono attribuiti tutti i mali patiti: dalla sua sconfitta il nostro benessere. È così da sempre, sino a Hitler con gli ebrei o con le razze inferiori. Ma almeno quello era razzismo “vero”, che pretendeva e inventava ragioni e fondamenti scientifici al suo fondamento.


Questo è solo e becero accattonaggio di qualche consenso facile.
 Distillando odio, alimentando ignoranza e paura.
 A Grillo c’è da fare i complimenti però, per riuscire a far stare insieme i neo accattonati voti leghisti, con i precedententi delusi del centrosinitra, che difficilmente avrebbero immaginato di condividere queste posizioni. Ma anche in questo il collante più vecchio del mondo fa il suo dovere: l’odio verso “la politica vecchia e corrotta” è un evergreen che unisce tutti… poi si vedrà. 
È una corsa contro il tempo, perchè un consenso così eterogeneo difficilmente lo tieni insieme a lungo, specialmente se “gli altri” fanno qualche riforma, o peggio ancora se con la nuova legge elettorale rischi di prendere tanti voti e molto pochi seggi.
 Da qui la spinta delle ultime ore: “andare ad elezioni il prima possibile”, pena scomparire e perdere consenso.
 Ma la storia insegna che se vinci le elezioni con un popolo in maggioranza fomentato dall’odio, dalla paura, e intriso di ignoranza e di “false informazioni” con cui hai alimentato questo odio e questa paura, poi, c’è un solo modo per governarlo. E questi tempi ce li eravamo lasciati alle spalle circa settant’anni fa.