SputtaNapoli

La vicenda in sé è un cliché, sia della politica che della tv del pomeriggio. Metti un presentatore e qualche ora da riempire (nel caso specifico Giletti e l’Arena), parli di Napoli, e ciò di cui parli è la spazzatura nelle strade adiacenti la Stazione Centrale. Metti qualche commento il giorno dopo sui social network – estensione digitale che ci fa sentire tutti opinionisti chiamati a intervenire – e il polverone diventa polveriera. Si va da “Giletti De Magistris due facce dello stesso populismo” alle accuse “occupati del tuo paese di provincia e non di Napoli”. Peggio se gli autori sono esponenti politici locali, e peggio ancora se uno lavora per il Sindaco e l’altro è un dirigente del Pd.
 Si scatena – ennesima, imperitura, sempiterna – la lotta tra “tu sei parte dello sputtaNapoli” e non vuoi bene alla città e il “tu neghi l’evidenza”. E il dibattito continua. Poi, come sempre, passeremo a parlare d’altro. Poi come sempre riprenderà identico alla prossima puntata. Perchè di Napoli ormai si parla (da anni) solo per camorra, spazzatura e traffico e disservizi.
 Il gioco – perchè alla fine questo diventa – vede le parti a ruoli alterni. Se sei maggiornaza che amministra, allora lo sputtaNapoli lo fanno gli altri e quindi ti indigni, se sei all’opposizione allora dici solo la verità da non nascondere sotto i tappeti. Quante volte lo abbiamo già visto, e quante volte i protagonisti – se avessimo memoria – sono stati pressoché gli stessi. Dovremmo cominciare a chiamare non solo i problemi, ma anche i responsabili per nome.


Quarant’anni fa moriva Pier Paolo Pasolini. Nel suo famosissimo “io conosco i nomi” scriveva “A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.”


Ecco che qui emerge la vera lacuna di questa città, che fu un tempo capitale europea. Un male che tocca un po’ tutto il paese, ma da noi diventa cancrena e non semplice patologia. Da noi si rincorre, elezione dopo elezione, la famosa “società civile”, l’intellettuale di alto profilo che possa spendersi per dare volto credibile a una classe dirigente di mediocre cabotaggio, di interesse personale, di compromesso esistenziale, di statura minimale. Ma questo paravento intellettuale deve anche – per necessità di conservazione dello stato delle cose a che le cose non cambino mai – essere estremamente compromesso con quel potere, dipendente da quel potere, finendo per non avere più alcuna indipendenza critica, ma finendo con l’esserne alibi e difesa d’ufficio.


In questo gioco, l’intellettuale di turno si presta, per l’intervista, l’applauso, il plauso o like su facebook, ad essere – a seconda delle stagioni – parte dello sputtaNapoli perchè dice la verità, o amante e difensore della città contro chi ne sa solo parlare male. Sinchè non cambierà il vento e con questo vento la propria posizione personale. Ecco. Attori e spettatori, qualsiasi sia la posizione di oggi su questa vicenda specifica, sono tutti parte dello stesso gioco. Cui, per essere chiari, un intellettuale vero e indipendente, non si presterebbe mai.