“Ri-scatti”, prostitute raccontano la loro vita di strada


RI-SCATTI: PER LE STRADE MERCENARIE DEL SESSO – LA MOSTRA FOTOGRAFICA AL PAC DI MILANO


Se ne parla ma mai abbastanza e soprattutto ci sono ancora moltissime zone d’ombra perchè paura e delinquenza cercano di occultare: è la prostituzione di strada, rappresentata al Pac di Milano con la mostra “ RI-SCATTI”. 
All’Associazione Lule Onlus che opera da più di vent’anni in aiuto alle vittime della tratta di esseri umani a scopo sessuale, verrà devoluto il ricavato della vendita di foto, in esposizione fino al 25 ottobre 2020; “Ri-scatti: per le strade mercenarie del sesso”, vuole far luce su una realtà disperata e indicibile presente nell’area metropolitana di Milano, dove ragazze straniere sono schiave obbligate a vendere il proprio corpo per potersi guadagnare da vivere. 



Sette tra queste donne, tre rumene, due nigeriane e due transgender peruviane, si sono prestate ad un workshop di fotografia notturno tenuto in un camper, per poter dar vita ad un racconto di immagini che è quotidianità, disperazione, orrore, solitudine e rassegnazione. Sono scene di vita quotidiana, la strada poco illuminata che è il luogo di lavoro, la piazzola che si paga 4000 euro, spese aggiunte al viaggio e al traghettatore (2000 euro + 400); oltre a quelle per vitto e alloggio (circa 1000 da dare allo sfruttatore), e 40 euro al giorno per il passaggio di andata e ritorno da casa alla piazzola, scortate come fossero assassini, controllate a vista da mane a sera. Un debito enorme da cui non ci si separa più, delle manette per la vita, infilate molto spesso dagli stessi fidanzati, uomini che le raggirano con false speranze, con la promessa di elevare il loro stile di vita e di risolvere i problemi economici che hanno al loro paese, luogo dove probabilmente hanno lasciato figli e famiglia. 

Hanno dai 19 ai 50 anni, vivono nell’hinterland milanese con mezzi da robivecchi, i bagni colmi di prodotti di bellezza acquistati al discount, saponi e shampi per levar via la memoria di dosso; nelle stanze i peluche della loro infanzia, unico legame con un mondo genuino e pulito che non hanno più, forse quei pupazzi di pelo sono il vero simbolo di speranza che hanno, più della Sacra Bibbia che tengono dentro al comodino

La cucina è un momento sacro, possono fare davvero quello che a loro piace e cioè cucinare le ricette della loro terra; dalle foto riconosciamo chi viene dall’Africa e chi dall’Est a seconda degli ingredienti che usano, chi carne e chi zenzero, chi aromi e chi spezie; ma in tutte rimane la rabbia verso l’uomo, questo essere ambiguo un po’ carne e un po’ bestia, e la loro rivalsa la vediamo rappresentata in una banana tagliata a pezzetti, chiaro simbolo di evirazione. 



Anche i polli squartati e lasciati alla camera a “gambe aperte” raccontano il loro dolore, carne da macello pronta ad essere usata, picchiata, abusata e buttata via; sono donne lacerate e traumatizzate quelle che si raccontano, hanno il coraggio di andare avanti perchè dall’altra parte del mondo hanno lasciato un pezzo di cuore, i loro figli, è solo questo che le aiuta a sperare che un giorno ce la faranno e torneranno da loro ad amare la vita e riconciliarsi con loro stesse.



I numeri che escono da questo progetto sono impressionanti e vale la pena citarli: sono 9 milioni i clienti in Italia, 1 su 3 chiede prostitute di strada; l’80% di loro chiede di non usare il preservativo e il 43% tra questi ottiene risposta affermativa. Il 12% delle prostitute è sieropositiva; il costo medio di una prestazione sessuale per nigeriane è di 15/20 euro e di 30 euro per le donne dell’Est; i clienti italiani sono il 35%, preceduti dagli spagnoli 39%, seguiti da svizzeri 19%, austriaci 15%, olandesi 14%, svedesi 13%. 

Il reclutamento di queste donne avviene nel loro paese, adescate da un medio lungo corteggiamento, lo sfruttatore si finge fidanzato intento ad aiutarle e preoccupato per il futuro di entrambe; iniziano così una serie di richieste che prevedono lo sfruttamento e la vendita del corpo dietro regole ferree e codici consuetudinari che portano la donna ad uno stato totale di sottomissione. Nell’organizzazione del racket ROM questi uomini reinvestono i proventi delle attività illecite nella droga e nel traffico di armi. 

Inutile dire quanto sia importante far luce su questo argomento, ancora circondato da macchie scure; ricordiamo che lo sfruttamento della prostituzione è un reato disciplinato dalla legge n. 75 del 1958 e che il sistema italiano in aiuto alle vittime di tratta è considerato come un esempio da seguire a livello internazionale; ma i numeri non tendono a diminuire. 

La mostra del PAC, curata dal conservatore Diego Sileo, ha un risvolto charity e ha messo un seme a sostegno delle vittime di strada, su un terreno che speriamo, un giorno, possa far nascere solo cose belle.