Venezia 75, Roma di Alfonso Cuarón candidato al Leone d’Oro

C’è sempre qualcosa che manca ad un film: una goccia d’acqua di un rubinetto che perde, l’insieme di cocci rotti a terra, l’attardarsi sul pavimento bagnato seguendo l’acqua sporca che entra in un tombino.

C’è sempre qualcosa che manca ad un film ed è forse quello che noi pubblico cerchiamo: verità, essenzialità, realtà. Perché anche se guardiamo la riproduzione di un fatto che può essere realmente accaduto, sappiamo che dietro quella scena si nasconde una telecamera, un attore, una parte, una costumista, un microfono. In “Roma” ce ne si dimentica. Totalmente.


Roma“, al contrario di quanto si pensi, non è la nostra capitale, bensì il nome di un quartiere del Messico. Siamo nel 1971, in una casa borghese composta da un padre medico assente, una madre severa e un poco melodrammatica, quattro figli dai cinque ai quattordici anni, una nonna presente, una tata di origine mixteca, Cleo (Yalitza Aparicio) e una domestica che si occupa della casa.

Cleo è la protagonista del film, anche se il suo personaggio è l’esatto opposto dell’egocentrico, dell’individualista, dell’esclusivista. Al contrario Cleo è una ragazza umile, buona, rispettosa verso i padroni di casa, e sinceramente affezionata ai bambini che cura come fossero suoi fratelli minori, compreso Paco, il più pestifero, il suo favorito.

Roma” il film candidato al Leone d’Oro di questo 75mo Festival di Venezia, diretto dal regista Alfonso Cuarón, è il racconto intimista del regista messicano, è l’insieme dei suoi ricordi di infanzia, dai mobili appartenuti alla sua famiglia (il 70% di questi è originale), al luogo del massacro di quel lontano ’71. E’ la fotografia in cui le donne sono protagoniste perché forti, capaci di superare un tradimento (quello della madre ad esempio – il padre abbandona la famiglia senza spiegazioni per una ragazza più giovane), piene di vita, anche se alcune di queste ci lasciano per volere di Dio (Cleo partorisce una figlia morta), coraggiose nei momenti che temono di più (Cleo salva i due bambini che rischiavano di affogare travolti da una corrente).

Una pellicola dallo sguardo femminile, delicatissimo, a partire dalla scelta del bianco e nero, da quel tratto gentile e mansueto di una donna che offre tutta la sua vita alla vita di un’altra famiglia, per cui il lavoro diventa l’esistenza stessa. A quei bambini non suoi dedica l’amore, la dedizione, la preoccupazione, le rinunce di una madre. Un film sulla solidarietà tra donne, questa sconosciuta, uno specchio dall’immagine chiara e nitida di quella che era la società nei ’70 messicani, la distinzione di classi sociali così perfettamente rappresentata attraverso immagini. La raffigura la scena dell’incendio nel bosco, durante la notte di Capodanno, quando i domestici si precipitano prontamente armati di secchi d’acqua per spegnere il fuoco, mentre i padroni di casa, perfettamente habillè, sono accanto a loro, calice alla mano, pettinatura artificialmente composta, nei loro cappotti di cashmire, scambiandosi poche parole senza il minimo accenno di ansia o paura.

Quale regista è capace di tanta grazia? Truffaut, ma è più cavilloso, Fellini, che è più elegante, Visconti, che è più perfezionista. Alfonso Cuarón è nato per un nuovo genere. A lui spetta il Leone d’Oro di questa 75ma Mostra di Venezia.


Roma uscirà su Netflix il 14 dicembre.

Trailer ufficiale:


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