“Irréversible”, il film di Gaspar Noé sul piacere, piacere, piacere

Gaspar Noé è tendenzialmente monotematico, ma chi non lo è? Il piacere pare essere il suo unico interesse, raccontare il piacere più precisamente, e pure in “Irreversible” ha tentato di mostrarci un’ulteriore sfumatura di questo strano fantasma che rincorriamo o che rifuggiamo

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Prima dell’uscita del film nelle sale, tutti sapevamo perchè la pellicola avesse destato tanto scandalo: si parlava solo della scena dello stupro, quella interpretata da Monica Bellucci (non ci stupisce sapere che abbiano affidato a lei questa parte, che è perfetta per un’attrice muta). 

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Gaspar Noé è certamente un regista scomodo, affronta temi che per molti sono tabu, sono innominabili, sono brutali, sporchi, violenti, di quei temi che sia in gruppo che nell’intimità si fatica a parlarne, di quei temi per cui, chi non vuole essere giudicato, trova sempre la risposta pronta, che è quella politicamente corretta, che è quella per cui “la violenza è da aborrire, lo stupro è brutta cosa eccetera eccetera”. Ma quanti hanno davvero il coraggio di riflettere su temi così delicati? Quanti scendono nei loro pensieri più profondi e nei labirinti dei più imperscrutabili desideri?
Gaspar Noé pare essere una di queste persone. Oltre a lui, un altro grande regista accenno’ al tema del piacere trasferendolo su schermo con una penetrazione anale in “Ultimo tango a Parigi“, era Bernardo Bertolucci, ma quella è un’altra storia, anche se la violenza, lo abbiamo scoperto in là con gli anni, fu reale. Forse Bertolucci è andato anche oltre rappresentando il piacere come lui avrebbe voluto percepirlo; Gaspar Noé invece ci porta dentro la mente di un violento, di uno stupratore, un gay che odia le donne, ma bisogna fare un passo indietro per capire.

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Una coppia (Monica Bellucci e Vincent Cassel) discute durante una festa, lei lascia il party sola per tornarsene a casa, quando nel tragitto sorprende un uomo che sta minacciando una donna, una donna che riesce a scappare e cede la sfortuna alla bella Alex, vestita di una seconda pelle di raso color cipria, le spalle nude, i seni fieri, il culone italiano (così scherza simpaticamente Marcus, il suo fidanzato, all’inizio del film). Per 10 minuti la banalità di uno stupro, la Bellucci impacciata anche nell’interpretare una figura atterrita dallo spavento e dall’orrore, le mani che non si ribellano, gli occhi che non sanno dove guardare, ma il corpo la salva e fa da sé. Tutto comunque rende l’idea, e se a vedere la scena sarà uno stupratore, è molto probabile che godrà insieme al protagonista e in quel caso Gaspar Noé avrà centrato l’obiettivo. Perchè è un tema scomodo, è vero, ma anche lo stupro rientra nella categoria del piacere, un piacere perverso, a volte sognato, desiderato, taciuto, soffocato, messo in atto o meno, ma è sempre piacere. Così come la violenza ripresa nella prima parte del film, tra i continui movimenti sobbalzanti di camera che si alternano in un postribolo per gay, dove a fare rumore sono le fruste e i genitali che sbattono da dietro, e la violenza fisica di una rabbia cieca, quella del fidanzato (Vincent Cassel) e dell’ex di Alex insieme alla festa, che picchiano in maniera sanguinosa l’uomo sbagliato per vendicare la bella disgraziata. 

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E’ sempre di piacere che si permea il film, quando durante la festa Marcus (Vincent Cassel) si struscia ubriaco e fatto tra le ragazze della casa; è sempre il piacere che Noé sottolinea quando il protagonista tira su per il naso delle strisce di cocaina e quando le prime frasi, aperto il sipario, pronunciate da un uomo nudo dal lurido aspetto, sono la confessione di aver abusato della figlia; è il piacere che ci spiattella in faccia senza mezze misure quando, in un flashback, Marcus si risveglia nel letto con Alex e le confida che vorrebbe “metterglielo nel culo”. A rendere tutto ancora più fastidioso, per quelli che “non vogliono vedere” (perchè fa più male capire che far finta di nulla), c’è la scoperta che Alex fosse incinta, perchè no, se ci sono di mezzo i bambini proprio non si tollera il desiderio.
Ma perchè di piacere non si parla mai? Quale retaggio culturale vi impedisce di raccontare le vostre perversioni? Non è forse questa costrizione che imbavaglia a creare frustrazione e violenza? 
Perché il film, per chi non lo avesse capito, non ha niente a che vedere con la violenza sulle donne, piuttosto, col piacere degli uomini.

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