Il mondo sadomaso di Robert Mapplethorpe rivive nella sfilata Moschino FW 18/19

Pre-collezione Donna e Collezione Uomo A/I 2018 Overt/Covert

Era bello, furbo, si accompagnava a star e a uomini di grande talento, era un perfezionista, era il gay ambiguo, era ed è tutt’oggi uno dei più grandi fotografi a cui non servono etichette: Robert Mapplethorpe. E’ alle sue immagini che ho pensato, già alla prima uscita della sfilata Moschino Autunno Inverno 2018/19: il leather, il sadomaso, il trash, l’ossessione della sessualità.

Moschino ricopre i modelli di quell’erotismo ambivalente, equivoco, li sostiene con i maxi stivali fibbiati in pelle nera o con gli overknee in PVC. Si butta nella mischia dei locali gay fine anni ’70, con taccuino alla mano e ci disegna una collezione fetish, poi chiede ai modelli di indossarla e sfilare, così come faceva Mapplethorpe con gli incontri notturni, quelli che invitava a casa sua per una sessione fotografica, ancora euforici, ancora sotto effetto di stupefacenti, ancora oscuri, prima che le luci dell’alba rovinassero l’atmosfera e quella sua aria dark e misteriosa.



sfilata Moschino – dx scatto di Robert Mapplethorpe


Quello che Mapplethorpe rappresentava, era la parola trasmutata in immagine, il fotografo arricchiva una letteratura visuale sottoponendo ai raggi X, agli occhi di tutti, cosa succedeva nel mondo omosessuale. Che il soggetto avesse o meno il volto coperto da maschere in lattice, così come propone Moschino per la Fall Winter 2018/19, raccontava sostanzialmente a chi/che cosa appartenesse il loro “io”. E’ il modo di esprimersi attraverso ciò che si sceglie di indossare, è espressione di sé, è “la nostra casa, i nostri mobili, il nostro abbigliamento, i libri che leggiamo, gli amici che scegliamo…tutte queste cose sono profondamente significative!” –  come ricorda Henry James in “Ritratto di signora“.

sx foto R.Mapplethorpe – dx sfilata Moschino


Chi cerca di “categorizzare” questa sfilata o la visione policroma di Moschino, è in fallo, perché sarebbe come ridicolizzare chi trova solo sesso nelle macchie bianche e nere di Rorschach. L’arte va interpretata, la morale cambia, la bellezza evolve e la moda si adegua in continuo ritorno, ciclicamente. Ciò che era Mapplethorpe, oggi è Moschino. Ciò che era creazione, oggi è ricreazione, e allora appunti, vecchie foto, materiali di archivio, documenti, interviste, una serata particulier, diventa collezione attraverso la mise en scène di un grande creativo, qual è Jeremy Scott.




sx scatto di R.Mapplethorpe – dx collezione Moschino FW18/19




Le bretelle, tagliate ed elasticizzate, sorreggono giacche tagliate a metà, camicie uomo e bustier, i parka sono indossati sopra catsuit e bodysuit in PVC, altri modelli sorretti da spille da balia, i tagli dei cappotti maschili rivelano slip in PVC, pezzi che ricordano gli scatti di Robert Mapplethorpe che hanno fatto storia.


La narrazione di Jeremy Scott per la pre-collezione donna è confessione di una visione cattolica: un diavolo tentatore. Possiede corna e sex appeal, come in uno di quei famosi self portrait dei più diabolici tra i fotografi, un satiro, un fauno, un Pan, che nelle sue lettere confessava “la vera gioia del sesso è tirar fuori il lato diabolico del partner“.



self portrait di Robert Mapplethorpe – dx Moschino donna


La donna Moschino veste abiti maschili, indossa lingerie sopra lo smoking gessato, abbina frac cortissimi con code lunghe in stile surrealista.

Citazione importante gli abiti in silk chiffon stampato e plissettato, le cui stampe riproducono le Polaroid erotiche dell’italiano Carlo Mollino.



sx sfilata Moschino FW 18/19 – dx foto di R.Mapplethorpe


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