Paola Santarelli: il mio Capucci fra arte e moda nel segno dell’eternità

Paola Santarelli: il mio Capucci fra arte e moda nel segno dell’eternità

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Roma, culla d’arte e di storia, caput mundi e città eterna, meta di turisti e di amanti dell’arte. E’ nella capitale, definita da Luigi Pirandello ‘acquasantiera e posacenere’, che Paola Santarelli, affermata imprenditrice del settore immobiliare che avrebbe voluto vivere nel Rinascimento, ha deciso di mettere radici in nome della bellezza, dell’arte e della cultura. La sua famiglia, una vera e propria dinastia di mecenati di origini abruzzesi capostipite di una munifica fondazione intorno alla quale hanno gravitato Federico Zeri, Andrea Carandini, Antonio Giuliani e Andrea De Marchi, ha donato 600 opere d’arte rarissime realizzate con la tecnica della glittica ai Musei Capitolini. Nel suo meraviglioso studio incastonato nei cunicoli dell’Aventino e immerso nel verde, a pochi passi dall’aranciera, Paola Santarelli, colta e raffinata collezionista con il pallino dell’arte che sogna una Roma città europea, porta avanti il retaggio di una gloriosa maison dell’alta moda italiana: Capucci.

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Per me è un gioiello inestimabile, piccolo ma carico di storia e di luce, depositario di grande maestria artigianale, uno dei simboli della grandeur dello stile italiano, in perenne equilibrio fra moda e arte. Capucci è sinonimo di lusso vero, una nicchia esclusiva che va preservata e che nel gotha fashion si situa a mio avviso fra Chanel e Hermès”.

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Ne è passato di tempo da quando Roberto Capucci, figlio di un medico e architetto mancato, conquistò Parigi con la benedizione di Christian Dior che negli anni’50 lo definì lo stilista italiano più promettente della sua generazione. Alla sua scuola si sono formati Maurizio Galante e Giambattista Valli; le sue forme scultoree, le sue volute di seta sauvage, i suoi scenografici plissé, le sue vestali angelicate come la ‘Norma’ di Bellini, la sua palette di tinte sature pervasa da una teatrale magniloquenza, hanno ispirato centinaia di creatori di moda e hanno calcato le passerelle più prestigiose del mondo entrando fin dagli anni ’80 nelle gallerie d’arte più blasonate. Un archivio sensazionale oggi conservato dalla Fondazione Capucci che temporaneamente ha trovato sede a Udine, all’interno di Palazzo Manin. E a Roberto Capucci si riferisce sempre con estrema ammirazione questa elegante signora dalle lunghe chiome corvine che sembra quasi bisbigliare le parole, circondata dai marmi e dalle sculture che decorano gli ambienti della sua magione capitolina in un silenzio ieratico, lo stesso che circonda ed esalta la magnificenza delle ‘sculture seriche’ del maestro romano che ha sempre ripudiato l’appellativo ‘stilista’.

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Capucci è un genio, mia madre e le mie sorelle si vestivano nel suo atelier, è così che l’ho conosciuto-racconta Santarelli-è stato un autentico visionario e ha cambiato la storia della moda, la sua non è neppure haute couture, è arte pura. Oggi, dopo aver acquisito la maison nel 2015, stiamo cercando di ringiovanirla proponendo un ready-to-wear valido e fruibile dalle 9 del mattino alle 9 di sera, ricco di eleganti capi passe-partout da sfruttare costantemente sia per il giorno che per la gran sera e la cerimonia, in linea con le esigenze delle giovani donne di oggi sempre connesse, dinamiche ed emancipate. In un certo senso sono l’evoluzione di quelle donne sofisticate che un tempo si abbigliavano in Capucci sulla falsariga di una casta diva come Silvana Mangano che Roberto vestì sul set di ‘Teorema’: da Olivia Hussey a Maria Pia di Savoia, da Esther Williams a Gloria Swanson, da Valentina Cortese a Raina Kabaivanska, da Elvira Pallavicini che a Roma creò il circolo delle ‘capuccine’ a Rita Levi Montalcini. Fino all’ammaliante Naomi Campbell che poco tempo fa ha deciso di indossare una nostra recentissima creazione per la copertina di Vogue Spagna”.

La prima boutique di Capucci in via di Fontanella Borghese, nel cuore del Tridente, ospita le nuove collezioni di demi couture della maison italiana attualmente affidate alla vena creativa di Luisa Orsini e Antonine Peduzzi, it-girls e fondatrici del marchio di borse TL-180, che Santarelli ha scelto, in tandem con la figlia, la talentuosa curatrice d’arte Vittoria Bonifati, per ‘la loro cultura e il loro background personale e familiare’ per citare l’imprenditrice romana.

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“I capi delle nostre collezioni, che potrebbero in futuro essere completati da una linea di accessori, hanno un’allure contemporanea e sono realizzati per lo più nel Lazio con un elevato tasso di sapienza manifatturiera; oggi non mi interessa espanderci a livello globale oppure fare grandi numeri, mi interessa piuttosto mantenere e conservare la dimensione unica e irripetibile di questo gioiello di fashion design perché la moda è cultura e aspirazionalità, proprio come dimostra la lezione del grande ‘ricercatore’ dell’alta moda italiana”.

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