I diritti delle donne: il punto della situazione sull’uguaglianza di genere

L’8 marzo si è celebrata la cosiddetta festa delle donne (in realtà Giornata Internazionale della Donna) e in Italia, come nel resto del mondo, si sono moltiplicate iniziative, celebrazioni, dibattiti sull’uguaglianza di genere. A che punto si trova il nostro Paese? Lo rivelano le numerose ricerche di enti specializzati.

 

In Italia le donne si laureano più e prima degli uomini, e ottengono voti più alti. Nonostante ciò, però, fanno più fatica  a trovare un’occupazione commisurata al proprio titolo di studio e alle proprie capacità. Lo racconta Valore D, partner dell’azienda di telefonia Vodafone, durante l’evento HeForShe. Un passo avanti. La parità di genere riguarda tutti. Anche gli uomini. Ad un anno dalla laurea, il 68% delle donne trova lavoro contro il 77% dei neolaureati uomini, e una volta ottenuta un’occupazione, lo stipendio è inferiore di circa 200€ rispetto a quello dei colleghi maschi. Il dossier Trova l’intrusa del blog Openpolis, invece, indaga la presenza femminile nelle istituzioni: numericamente in crescita, ma ancora poche nei posti di rilievo. Numeri, comunque, non troppo lontani dalla media europea. Su 145 Paesi, l’Italia si trova al 41° posto della classifica delle differenze di genere (Global Gender Index). Le donne che occupano posizioni manageriali nelle aziende italiane sono il 29%. Secondo il rapporto del Centro Studi Internazionali IBR, un dato in leggera crescita rispetto all’anno scorso e quindi indice che qualcosa si sta muovendo. Ma non è abbastanza. «Senza un aumento del lavoro femminile, – ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la celebrazione della festa della donna al Quirinale – il paese non avrà la crescita che tutti speriamo e non potremo parlare davvero di uscita dalla crisi. Non è vero che il lavoro allontana la donna dalla maternità. E’ vero il contrario: proprio l’aumento del lavoro femminile può diventare un fattore favorevole alle nascite. Le politiche per la famiglia, comprese quelle di conciliazione dei tempi di sua cura con quelli di lavoro, sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del paese».

 

Mentre l’Italia riflette sulla questione delle differenze di genere, ieri si è celebrato il 70° anniversario dell’estensione del diritto di voto alle donne. Il 10 marzo 1946, infatti, le donne italiane votarono per la prima volta durante le elezioni amministrative di circa 400 comuni. «Sentivo di contare – racconta all’Ansa la signora Maria Giulia Tonini, che quel giorno si recò per la prima volta alle urne – il mio voto valeva come quello di un uomo, come quello di Benedetto Croce, che all’epoca per me rappresentava la massima espressione dell’autorevolezza maschile». Un passo fondamentale nella battaglia per i diritti delle donne, giunto nell’Italia post-fascista con diversi anni di ritardo rispetto agli altri Paesi occidentali. In Inghilterra, per esempio, il diritto di voto alle donne è arrivato nel 1928 dopo un decennio e più di battaglie. Lo racconta il film Suffragette, proprio in questi giorni nelle sale. Diretto dalla regista inglese Sarah Gavron, e con un cast che vanta Helena Bonham Carter, Carey Mulligan e Meryl Streep, parte dalle vicende del 1912-1918 e giunge all’estensione del diritto di voto alle donne britanniche. La critica è divisa sulla qualità del film, definito da alcuni “troppo semplicistico” in merito alle battaglie dell’epoca, ma sicuramente da vedere per comprendere le motivazioni e le lotte che oggi ci permettono anche solo di parlare di uguaglianza di genere.