Le differenze nel problem solving in giro per il mondo

Ci sono due slide che periodicamente girano sul web.





Apparentemente ironiche, in realtà messe una accanto all’altra mettono in evidenza qualcosa in più della semplice differenza di approccio ai problemi nei diversi paesi.
È qualcosa che attiene al modo con cui – come mostra la seconda immagine – è organizzata la struttura del lavoro.
L’organizzazione infatti dice qualcosa di più del semplice organigramma funzionale della catena di decisione e comando. Implica il modo con cui le società ed organizzazioni umane (come le aziende, ma anche la politica, le comunità, le associazioni) organizzano l’interazione tra le persone, e quindi l’approccio alla soluzione dei problemi.
Non esiste un modello “migliore” di un altro. Tutti i modelli rispondono in piccolo alla struttura esterna della società, e da questa vengono in qualche modo riprodotti e semplificati all’interno di organizzazioni più piccole, come appunto le aziende o altre organizzazioni.
È certamente possibile attraverso l’analisi dei processi organizzativi individuare punti deboli, limiti, “luoghi di errore” e punti di debolezza da correggere.


E tuttavia sarebbe sbagliato importare integralmente una struttura che ci sembra dia risultati più efficienti o migliori senza tener conto dell’elemento culturale delle persone chiamate a interpretare quei modelli organizzativi.
Un modello “primus inter pares” può funzionare da noi in un consiglio di amministrazione, in una rete verticistica di professionisti, ma difficilmente è esportabile nella cultura giapponese, enormemente distante – non solo geograficamente – dal modello svedese, che tuttavia difficilmente può funzionare anche nella vicina Inghilterra, dove il sistema di “leadership casuale” – che casuale non è – è più funzionale alla velocità ed al dinamismo di quella realtà socio-economica.
Il sistema “nepotistico” tipico del mondo “mediterraneo” non va solo letto nella sua accezione negativa – che pure ha in termini di limitazione dell’ascensore sociale e del ricambio professionale – ma anche in quell’accezione positiva di trapasso di nozioni ed informazioni e di mantenimento della conoscenza diretta.


Questa positività è sempre meno utile in una società globale, e quindi segno comunque di chiusura ed arretratezza: è la prima origine dell’ingessamento delle nostre società e di perdita di opportunità di crescita, espansione e allargamento. Ed è anche la causa della cd. “fuga di cervelli”.
In queste slide c’è dell’ironia, del manicheismo, ma entrambi si basano su caratteristiche su cui – oltre le semplificazioni – è il caso che tutti noi, come organizzatori e come parte di organizzazioni, ci interrogassimo. Cominciando a prendere coscienza dei limiti “dell’organizzazione che conosciamo” prendendo il buono e l’importabile di altri modelli, e ammettendo che certi limiti ormai son un fardello.