Salviamo i nostri poeti dalle nostre parole

È da qualche tempo che agli annunci di ritiro di questo o quel cantautore spuntano commenti decisamente discutibili. È certamente uno degli effetti dell’allargamento della capacità di comunicazione della nostra società. È un fatto normale – che appartiene alla vita dell’uomo – quello di “smettere” un certo mestiere o comunque, con il tempo, cambiarne le forme ed i modi con cui lo si esercita. È stato così per i Modugno, per Claudio Villa, per Mina, per Battisti, solo per citare alcuni grandi. Eppure, da loro avremmo dovuto imparare una lezione importante. L’uomo cambia le forme con cui si esprime nel tempo, ma il poeta è malato della sua sensibilità, e il massimo che gli è concesso è cambiare la forma, e cambiare i tempi, ma non certamente di smettere. Ma nell’era del tutticommentanosututto e in cui si confonde la libertà di espressione con il diritto di esprimersi necessariamente su tutto, anche su quello di cui non si sa, accade sempre più spesso che non ci si soffermi a riflettere. Ed ancora più spesso accade che per “emergere fuori dal coro” e per qualche minuto di apparente celebrità ci si trasformi in carnefici, e si scordi molto delle persone di cui si parla e della cui vita si commenta.


È bastata una querela di Vasco Rossi ad un sito di “satira” per scatenare l’inferno contro Vasco – e non una sola riga quando i gestori del sito hanno riconosciuto che Vasco aveva ragione, hanno chiesto scusa, hanno ammesso le proprie responsabilità, e Vasco Rossi ha ritirato semplicemente la querela – per altro querela giunta dopo che per tre volte il suo ufficio stampa aveva chiesto la rettifica, senza nemmeno ricevere risposta. Forse il sito voleva solo un po’ di pubblicità… non pensate? Trovo scandalosa, sempre di recente, la polemica tra i fan di Vasco e quelli di Luciano Ligabue. Come se ci potessero essere fazioni tra contenuti, per altro simili, a guardare le parole. Eppure è storia antica, i fan di questo o quell’autore teatrale, di questa o quella commedia o tragedia, dimentichi che “dietro” non vi era il teatro, ma la “visione politica” rappresentata – e spesso quelle faziosità erano “pagate”. Le società dovrebbero tutelare ed avere a cuore, e difendere e conservare come doni preziosi unici e irripetibili i propri poeti. Lo dovrebbero fare per quella straordinaria capacità di macinare la realtà e restituircela senza digerirla e giustificarla con occhi nuovi e diversi.


Per mostrarci chi e cosa siamo, e chi e cosa siamo diventati. Da sempre certe critiche – a Guccini, a De André, a Pasolini, a De Filippo – mi sono sembrate il frutto autentico di quella malattia che tutti abbiamo – la cecità nel non vedere quello che vedono loro. E per non metterci in discussione, preferiamo sparargli addosso. Da sempre. E forse per sempre. Nelle tribù africane o in quelle del deserto australiano – quelle che consideriamo incivili – gli “anziani”, i poeti, i cantastorie, gli artisti, i pittori, i “maestri”, non accumulano ricchezze ma vengono mantenuti dalla comunità – come patrimonio sociale e irrinunciabile. Chi sono i “non civilizzati”? …vorrei essere anche io così non civilizzato! Per tornare a Vasco Rossi, vi dirò come la penso. Penso sia una “bella persona” nonostante tutto. È uno che è sempre stato pronto e disponibile a regalare una sua canzone a questo o quell’artista “pop” che affrontava un “momento di stanca” e che è “tornato in auge” grazie anche al fatto di poter dire “è una canzone scritta da Vasco”. È uno che ci ha raccontato la vita, e non avrebbe potuto farlo in una certa maniera senza averla vissuta in un certo modo. Ma con tanti eccessi, il signor Vasco Rossi non si è mai nascosto, ha sempre ammesso, ha sempre riconosciuto, sempre dichiarato, sempre pagato tutto di persona senza facili scorciatoie e scappatoie, ci ha messo la faccia e se ne è assunto le responsabilità. Ed è uno che avendo pagato sempre e tutto, nonostante tutto, non ha mai preteso di essere o si è spacciato per “modello di vita”, non ha mai fatto la morale a nessuno, non si è mai candidato in politica, non ha mai fatto la predica moralista, a differenza i tanti altri che con troppa faciltà (almeno quanta scarsa memoria) gli sparano addosso.


Ai fan di Luciano Ligabue dico solo una cosa: senza Vasco, non esisterebbe la musica di Luciano Ligabue. Qualche mese fa ha annunciato il suo ritiro dai concerti il maestro Fossati, ultimo grande della scuola genovese. Oggi lo dice – come pensiero ed intenzione – quella roccia granitica che è Francesco Guccini. Dire “sono stanco” – oggi – è un atto di poesia ed umanità – rispetto ai sempiterni belli che stanno in tivvù a dirci cosa fare e quando farla – ad esprimere opinioni tuttologhe su tutto e tutti – senza ritirarsi mai… Pretendere di non fare la “rockstar a vita” è un atto di resistenza umana – e di questo dovremmo dire un altro grazie a un poeta – che si ritira ma non smetterà di scrivere sino a che morte non lo separi da questo mondo… (un pò destino, un pò talento, un pò condanna).


Invece di leggere affermazioni sul quanto hanno guadagnato per “potersi permettere il lusso di ritirarsi” (il che evidenzia solo una insana invidia) vorrei leggere qualcosa di meno di sdolcinati e mielosi elogi funebri in vita e mi basterebbe un semplice grazie. Grazie per quello che continueranno (e lo sappiamo tutti) a scrivere e raccontarci. Grazie per le parole riuscite, per i versi perfetti, e grazie per quelli ancora sconnessi, ma che aprono la strada e lasciano aperto lo spiraglio per il cimento di nuovi “poeti”. Grazie per le parole raccontate, per l’energia trasmessa, per le storie rinarrate, per i ricordi che ciascuno di noi ha, nella sua propria individuale vita, legati ineluttabilmente a questa o quella canzone, a quella strofa, a quel verso. Grazie per gli occhi sul nostro mondo, e per avercelo restituito tradotto con nuova linfa. Semplicemente… …il resto sono e restano chiacchiere da osteria. Vorrei chiudere con due video – il primo di Pasolini, sugli intellettuali il secondo, è il ricordo di Pasolini per voce di Eduardo De Filippo.