Marco Pesaresi e l’amore: l’umanità, la poesia e la fotografia

Se oggi fosse in vita, il riminese Marco Pesaresi sarebbe sicuramente uno dei fotografi italiani contemporanei più abili. “La mia fotografia prende corpo – nasce – da tradizioni contadine, di campagna; e si sviluppa nella poesia del mare d’inverno; accompagnandosi a immagini di libertà, di emancipazione, di trasgressione nella notte. Però, comunque, nasce dalla campagna. Io amo questa terra, la amo con tutto il cuore. Ne amo i luoghi, mi piacciono i luoghi. E poi mi piace tantissimo – questa terra – perché muta in continuazione. Nulla è mai uguale all’anno precedente, tutto è in evoluzione continua. Più soffro e più mi affanno nella ricerca della poesia. Più sento che dentro di me vivo situazioni di disturbo, difficili – cose che purtroppo nella mia vita continuamente incontro – più il mio sguardo si addolcisce. E più cerca la serenità l’armonia delle immagini. E qualche volta le trova.” Con queste parole Marco parlava del suo amore per la sua terra, Rimini, alla quale dedicò anche il suo ultimo lavoro, e al tempo stesso per la poesia, tanto ricercata e altrettanto sofferta.


THE SUBWAY: TIMES SQUARE. A YOUNG COUPLE KISSING. LA METROPOLITANA: TIMES SQUARE. UNA GIOVANE COPPIA SI SCAMBIA UN BACIO.
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Marco era infatti attratto dall’umanità, in tutta la sua complessità. Non a caso avvertiva l’esigenza di scavare nelle problematiche sociali e nell’inferno personale degli altri per provare a sentire di meno il proprio. “Underground” è il titolo del suo progetto, forse il più riuscito, dedicato alla gente incontrata casualmente per le metropolitane delle più grandi città. E’ difatti il dipinto di grande impatto visivo della vita, un dipinto onesto, commosso, colorato. La sua fotografia è il riflesso di una sensibilità estrema , sia artistica che umana. E’ una fotografia irrequieta, una ricerca di serenità attraverso i propri occhi e la vita degli altri. E’ un amore intenso, che si scaglia forte e s’imprime con naturalezza sulla pellicola.


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La giornalista Renata Ferri ha parlato dell’amore di Marco per la fotografia, in questi termini: “Per fortuna c’era la sua Rimini, dove tornava e dove tutto quel male del mondo diventava malinconia. Come un poeta, sapeva trasformare le sue affollate visioni del mondo in spazio, cielo, mare, terra delle origini e profumi portati dal vento. La sua fotografia si trasformava, toglieva il colore e restituiva solo poesia. Non più periferie dell’umanità e volti di mille razze, ma silenzio e distese, dove lo sguardo, il suo e il nostro, può essere infinito. Marco amava e odiava tutto quello che aveva con violenta intensità. So per certo che la fotografia è stata la stagione più bella della sua vita e siccome so che è stata una stagione lunghissima, credo abbia vissuto, dannato ed errante, intenso e visionario, l’unica vita possibile.” La fotografia è stata per Marco una valvola di sfogo, il mezzo di cui si è servito per incanalare le proprie visioni e quell’irrequietezza che tanto lo faceva soffrire.


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Marco ha cessato di vivere nel 2001 gettandosi con la macchina nel porto di Rimini, nel mare della terra che aveva spesso fotografato con una vena malinconica. Nonostante la morte fisica, il suo punto di vista, così intenso e bramoso di poesia, continua a scorrere con maggiore intensità affascinando, emozionando e continuando a suscitare grande ammirazione. Dopo aver amato per tanto tempo la gente, ora è la gente ad amarlo intensamente. Tutto ciò è possibile anche grazie all’amore e alla sensibilità della madre Isa, che si prende cura della conservazione e della diffusione dell’archivio fotografico del figlio.


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